L’8 giugno 2020 Forrest Fenn, un ricco collezionista d’arte del New Mexico, ha annunciato che qualcuno è riuscito a trovare il forziere che aveva nascosto anni fa tra le montagne Rocciose. Ecco la storia del tesoro, dall’archivio di Internazionale: questo articolo è uscito nel numero 1270, il 24 agosto 2018.
Sacha Johnston avanza lungo una strada sterrata in mezzo a un canyon nel nord del New Mexico. “Dammi indicazioni”, dice al suo compagno di avventura, Cory Napier, che ha guidato fin qui Johnston e il suo suv Toyota. “Questa strada è tremenda”. Sono arrivati in questo luogo desolato e bellissimo, alla base dei monti Sangre de Cristo, per cercare un tesoro di più di due milioni di dollari.
Johnston, 37 anni, agente immobiliare di Albuquerque, ha invitato il Guardian ad accompagnarla nella sua caccia a uno scrigno di 25 centimetri per 25 contenente pietre preziose, oro, soldi in contanti e pezzi di antiquariato che un eccentrico milionario di nome Forrest Fenn dice di aver nascosto tra le montagne Rocciose nel 2009. Per trovarlo bisogna decifrare gli indizi di una criptica poesia scritta da Fenn, in una specie di caccia al tesoro letteraria che ha spinto migliaia di persone a partire per i luoghi più selvaggi degli Stati Uniti, ma che ha anche trasformato e distrutto molte vite.
Nel 2016 Randy Bilyeu è scomparso mentre cercava il tesoro nel nord del New Mexico. Da allora almeno altre tre persone sono morte nelle stesse circostanze. L’ex moglie di Bilyeu dà la colpa di queste morti a Fenn. “Hai creato un mostro”, ha scritto Linda Bilyeu in un’email a Fenn che ha poi girato al Guardian. “Il tuo tesoro è una bufala pericolosa”, ha aggiunto. In ogni caso il fascino di questa caccia al tesoro è irresistibile. “C’è qualcosa che ti prende dentro”, dice Johnston mentre parcheggia ai piedi di un promontorio e tira fuori dal bagagliaio quello che definisce uno “zainetto da caccia al tesoro”, insieme a una piccola pistola rosa. “Per la mia difesa personale”, spiega. Johnston ha cominciato le sue ricerche nel 2015 e ha fatto più di 125 spedizioni. Il cosiddetto “tesoro di Fenn” è diventato per lei un hobby a tempo pieno: passa ore a scandagliare mappe, a fare ricerche sulla storia e la geografia dell’area che sta esplorando e a provare a decifrare la poesia di Fenn. “Ho una vita complicata e incasinata”, afferma Johnston, che è single e ha due figli. “Questa è l’unica cosa che faccio per me”.
Ha parcheggiato vicino a un promontorio adiacente al canyon di Agua Caliente, che secondo lei è cripticamente richiamato nella poesia. Per coprire un’area più vasta, lei e Napier si dividono, gridandosi a vicenda “Marco” e “Polo” per rimanere in contatto. In momenti come questo la caccia ha la tenera spontaneità di un’avventura per bambini.
“Non c’è niente di paragonabile”, dice Johnston mentre perlustra il territorio in cerca di quelle che la poesia chiama rocce con un tocco umano. “Forrest ha spinto un sacco di gente a uscire di casa. Secondo me non sapeva cosa avrebbe scatenato”.
Come Indiana Jones
L’uomo che sta dietro a tutto questo è seduto nel suo studio a Santa Fe. Parte ufficio, parte reliquiario, lo spazio è quasi interamente tappezzato di oggetti che Fenn ha acquistato durante la sua carriera di mercante d’arte e antiquario. Su una parete c’è una vasta collezione di ceramiche antichissime provenienti dai villaggi indigeni, cesti policromi e scudi apache. Su un’altra ci sono armi di varie tribù indiane delle grandi pianure accanto a sacchetti delle medicine e mocassini decorati. Fenn possiede anche il calumet della pace di Toro Seduto, uno dei suoi cimeli più preziosi.
Fenn, 88 anni, ha gli occhi chiari, i capelli bianchissimi, spesso coperti da un cappello da cowboy, e un temperamento brillante anche se diffidente. “Non sono come gli altri”, dice. “Se passi un po’ di tempo con me te ne accorgi”. Dopo vent’anni nell’aviazione militare, ferito due volte in Vietnam, negli anni settanta Fenn si è trasferito a Santa Fe e ha cominciato a setacciare il sudest degli Stati Uniti in cerca di oggetti d’arte da vendere o aggiungere alla sua collezione. Negli Stati Uniti è conosciuto come una sorta di Indiana Jones, un avventuriero e archeologo autodidatta che dicono abbia venduto opere d’arte a Steven Spielberg, Robert Redford, Michael Douglas e altri personaggi famosi.
Proprio come Indiana Jones, è accusato dai professionisti di incoraggiare pratiche archeologiche irresponsabili. È stato criticato per aver acquistato reperti e aver fatto scavi tra le rovine di San Lazaro, un antico pueblo (villaggio) a sud di Santa Fe, ostacolando il lavoro degli storici. Nel 2009 gli agenti federali hanno perquisito la sua casa in cerca di oggetti d’arte prelevati illegalmente da territori demaniali. Fenn non è mai stato formalmente incriminato e nega di aver mai preso parte ad attività illecite.
L’idea di nascondere il tesoro gli è venuta nel 1988, dopo che gli hanno diagnosticato un tumore al rene. “È una cosa che ti cambia la prospettiva”, dice. Pensando di essere vicino alla morte, ha escogitato un finale che sembra tratto da un film (come l’ultimo di Steven Spielberg, Ready player one, in cui un uomo ricco lascia una scia di indizi che portano alla sua fortuna). Ha deciso di ritirarsi sui monti con la sua collezione d’arte e di lasciare ai posteri una poesia che li avrebbe portati alle sue ricchezze e alle sue ossa. È sopravvissuto, ma l’idea è rimasta.
Fenn racconta di aver passato anni a scrivere e riscrivere la poesia e a preparare meticolosamente il tesoro. A quanto dice, contiene una copia in miniatura del suo libro di memorie, intitolato The thrill of the chase (Il brivido della caccia) e una serie di oggetti di valore tra cui un bracciale con duecento rubini e zaffiri, artigli di giaguaro d’oro, una collana di cristalli di quarzo di duecento anni fa e antiche sculture di giada cinesi che “quando le vedi ti viene da piangere”.
Lo scrittore Douglas Preston, autore del best seller La città perduta del dio scimmia, conferma che il forziere esiste. “Non faceva altro che mettere e togliere oggetti”, dice. Secondo Preston, l’idea di Fenn nasce da un desiderio di raggiungere l’immortalità. “Tutti aspirano a fare qualcosa che continui a vivere dopo di noi. Forrest ha trovato il modo più incredibile”.
Fenn sostiene di aver trascinato l’antico forziere di bronzo da 19 chili sulle montagne Rocciose in una data imprecisata tra il 2009 e il 2010. La poesia è stata resa pubblica nel 2010 e l’autore dice che ogni parola è un indizio. L’interesse per il tesoro è stato minimo, dice Fenn, finché nel 2013 la rivista della United Airlines non gli ha dedicato un articolo. Da quel momento “è cambiato tutto”, e il giorno dopo gli sono arrivate 1.200 email. Il fatto che la sua iniziativa abbia spinto tanta gente a uscire di casa lo rende orgoglioso. “Stiamo sempre stravaccati sul divano a guardare la tv o a giocare con le nostre piccole macchinette”.
Gli amici di Fenn, come Preston, dicono che lui è molto bravo a raccontare storie e che gli piace fare gli scherzi. Questi elementi, oltre alla mancanza di qualsiasi prova fisica dell’esistenza del forziere, hanno convito gli scettici a pensare che la storia del tesoro sia una bufala. Invece ad altri il tesoro ha dato uno scopo e un significato nella vita.“Ci piace immaginarci come dei grandi esploratori impavidi che compiono gesta audaci, quelle che nel mondo di oggi non sono fattibili”, dice Chris Hanson, un cercatore originario del Colorado. “Ho imparato a riconoscere le tracce degli animali, a capire dove mi trovo nella foresta guardando la posizione del sole e so tutta la storia del sudovest”, dice Sacha Johnston. “Non è stata la caccia al tesoro a farmi scoprire l’amore per la vita all’aperto. Mi ha dato la scusa per uscire fuori a giocare”.
“Forrest mi ha fatto conoscere Yellowstone”, dice Cynthia Meachum, un’incallita cercatrice che ha fatto oltre cento spedizioni e sta organizzando un nuovo viaggio in Wyoming. “C’è un aspetto ossessivo in tutto questo, ma è impossibile placarlo”, aggiunge.
Le storie positive non mancano, ma ci sono state anche esperienze meno felici. “Dal 2013 le guardie forestali hanno registrato dodici casi di attività pericolose o illecite legate alla caccia al tesoro di Forrest Fenn”, ha scritto in un’email al Guardian Jake Frank, dell’ufficio per gli affari pubblici del parco nazionale di Yellowstone.
Una vena di stanchezza
La personalità di Randy Bilyeu “era cambiata drasticamente” dopo che aveva cominciato a cercare il tesoro, racconta Linda Bilyeu. Il marito aveva attraversato mezzo paese e si era trasferito dalla Florida al Colorado per stare più vicino alla zona delle ricerche. Il tesoro era diventato un’ossessione per lui dopo che aveva visto Fenn in tv al Today show. A settembre del 2016 aveva scritto a Fenn un’email in cui diceva “troverò il tuo tesoro o morirò per averci provato”. Quattro mesi dopo è scomparso attraversando il rio Grande su una piccola zattera acquistata in un negozio di articoli sportivi. I suoi resti sono stati ritrovati qualche tempo dopo a Taos, nel New Mexico.
A giugno del 2017 Jeff Murphy, dell’Illinois, è morto cadendo da 150 metri di altezza mentre cercava il tesoro di Fenn nel parco nazionale di Yellowstone. Lo stesso mese è stato trovato, nei pressi di Taos, il corpo di Paris Wallace, un pastore del Colorado. A luglio del 2017 il corpo di Eric Ashby, anche lui del Colorado, è stato trovato in un fiume dello stato. Secondo alcuni familiari è morto mentre stava cercando il tesoro.“Vorrei implorare Fenn di fermare questa assurdità”, ha dichiarato Pete Kassetas, capo della polizia di stato del New Mexico, dopo che è stato ritrovato il corpo di Wallace.
Cynthia Meachum, una delle cercatrici, dice che odia “la negatività che circonda Fenn. Un sacco di gente muore perché cade o rimane disidratata, ma nessuno dà la colpa al Grand canyon”. Quando gli chiedo delle vittime, Fenn risponde: “Ovviamente è una tragedia. Ma ogni volta che sali in auto corri un rischio”. Più volte ha specificato che il tesoro non si trova in un punto pericoloso o difficile da raggiungere. Lo stesso Fenn non è uscito indenne da questa vicenda. “Ho i miei problemi”, spiega, alludendo alle centinaia di email che riceve ogni giorno da cercatori avidi e ossessivi. Ha subìto minacce di morte e molestie. Se partecipa a eventi pubblici dev’essere scortato.
Le reazioni sono state spesso esagerate, ma è anche colpa sua. Quando ha scritto le sue memorie ha lasciato il suo numero di telefono e il suo indirizzo di posta elettronica. Di tanto in tanto fa il punto sulla caccia al tesoro e semina indizi per i cercatori: il tesoro si trova a un’altitudine compresa tra i 1.500 e i 3.000 metri, è almeno a tredici chilometri a nord di Santa Fe e non si trova all’interno di una casa, di una tomba, di una miniera o di una grotta.
Ogni anno i devoti di Fenn organizzano la “Fennboree”, un raduno di due giorni in cui si celebra tutto ciò che riguarda Forrest Fenn. Questo entusiasmo contiene echi della disperazione che Fenn incontra in prima persona. Tempo fa, mentre parlava con un giornalista, un uomo sovreccitato lo ha chiamato al telefono vaneggiando di essere vicino a trovare il tesoro. Ha richiamato un’altra volta, poi un’altra ancora, e alla fine ha cominciato a singhiozzare chiedendo a Fenn di dire una preghiera per lui. Fenn l’ha accontentato. Ogni giorno riceve due telefonate di questo tipo. È esausto. “Non ti rendi conto di quanto tempo ho dedicato a tutto questo”, racconta.
Anche tra i cercatori c’è una vena di stanchezza. “È una delle cose più belle che mi siano mai capitate”, dice Meachum. “Ma a volte vorrei che qualcuno trovasse lo scrigno così finalmente sarei libera”.
Nel mezzo del deserto del New Mexico, Johnston è d’accordo, ma fino a un certo punto. “In un certo senso metterebbe fine alle nostre sofferenze”, dice, mentre torna a casa a mani vuote. “D’altra parte, questa caccia al tesoro è la cosa che più mi piace fare. È stato un grande regalo”.
(Traduzione di Fabrizio Saulini)
Questo articolo è uscito nel numero 1270 di Internazionale, il 24 agosto 2018. L’articolo originale è uscito sul quotidiano The Guardian con il titolo The treasure hunters on a deadly quest for an eccentric’s $2m bounty.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it