Sulla mia scrivania ci sono alcuni appunti che presto trasformerò in articoli.
Circa mille studenti sono bloccati nella Striscia di Gaza e non possono raggiungere le loro università all’estero. Dal 1997 Israele impedisce agli abitanti di Gaza di uscire dal paese passando per la Giordania. Questo significa che l’unica via di uscita è il valico di Rafah, al confine con l’Egitto. Ma da quando l’esercito egiziano ha lanciato un’offensiva contro i Fratelli musulmani, il valico è quasi sempre chiuso. Quando apre è talmente affollato che solo i più aggressivi riescono a passare. In un raro gesto di buona volontà, nell’autunno scorso Israele ha permesso ad alcune decine di studenti di partire attraverso il confine giordano.
Israele vuole espellere le comunità di beduini dalle loro terre in Cisgiordania per ospitarle in un insediamento in costruzione. Ma la vita semi-urbana comprometterebbe il tessuto sociale, le abitudini e il sostentamento di circa diecimila persone appartenenti a tre tribù. La loro espulsione permetterà di espandere gli insediamenti ebraici della zona. Nonostante le proteste di palestinesi ed europei, Israele va avanti con il suo piano.
I soldati israeliani hanno gambizzato un cameraman palestinese durante una manifestazione di protesta nel villaggio di Kafr Qaddum. Non è la prima volta che succede. Io ormai non vado più a queste manifestazioni. Lo ammetto, sono una vigliacca. Ho paura dei gas lacrimogeni, delle percosse e dei proiettili.
Traduzione di Andrea Sparacino
Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2015 a pagina 23 di Internazionale, con il titolo “Appunti sulla scrivania”. Compra questo numero | Abbonati
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