È la mattina del 31 gennaio e mi preparo ad andare a El Muntar, una delle tante comunità beduine a est di Gerusalemme la cui esistenza è minacciata dalla brama di terra dei coloni. La settimana scorsa una commissione della knesset si è riunita per discutere delle costruzioni palestinesi “abusive” in Cisgiordania. I zelanti componenti della commissione rappresentano le lobby dei coloni, il cui obiettivo dichiarato è espellere le comunità di pastori palestinesi che vivono vicino alle loro case. Vorrebbero trasferirle nelle enclave controllate dall’Autorità palestinese ed esercitano una forte pressione sulle autorità israeliane per ottenere la demolizione delle baracche, costruite senza permessi perché Israele non li concede. Il presidente della commissione Moti Yogev, del partito di estrema destra Casa ebraica, ha definito “costruzioni del terrore” le baracche, le case e i bagni mobili donati dall’Unione europea.

A El Muntar la costruzione del terrore è una scuola. Un tribunale israeliano ha accolto la richiesta di demolizione e le ruspe potrebbero arrivare in qualsiasi momento. L’avvocato israeliano che rappresenta la comunità sta cercando di fermare la demolizione.

Ho chiamato il preside per intervistarlo. Mi ha chiesto di mandargli un sms con il mio nome e quello del giornale. L’ho fatto e mi ha risposto che non poteva vedermi perché il ministero dell’istruzione vieta contatti con giornalisti israeliani. Spero almeno di riuscire a parlare con i bambini.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questa rubrica è stata pubblicata il 2 febbraio 2018 a pagina 18 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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