Antonio Faraò, Boundaries (Verve)
Dopo tanti anni di collaborazioni illustri con musicisti stranieri, da Joe Lovano a Jack DeJohnette e Wayne Shorter, per il suo esordio su Verve Italia Antonio Faraò ha messo insieme un nuovissimo quartetto tutto italiano davvero esplosivo, in grado di rendere al meglio la complessità ritmica e armonica delle sue composizioni. Faraò è un pianista ben noto anche a livello internazionale grazie alla sua dirompente carica ritmica e allo swing massiccio che caratterizza le sue interpretazioni, anche se il suo virtuosismo non è mai autoreferenziale o puramente spettacolare. Non è facile stargli dietro, ma quando si ha a disposizione una band con Mauro Negri (grandissimo leader anche per conto proprio) al sax e una sezione ritmica al fulmicotone come Mauro Beggio alla batteria e Martin Gjakonovski al basso il gioco è fatto. Decisamente uno dei migliori album di jazz della scena europea (e non solo) attuale, Boundaries rende omaggio idealmente al quintetto storico di Miles Davis inserendo anche due composizioni scritte da Herbie Hancock e Tony Williams, il cui linguaggio articolato ben si unisce a quello dei pezzi scritti dallo stesso Faraò.
Charlie Haden & Gonzalo Rubalcaba, Tokyo adagio (Impulse)
Questo album è un’autentica sorpresa. Abituati come siamo a vedere Gonzalo Rubalcaba macinare quintali di note a velocità supersonica, sulle prime quasi si stenta a riconoscerlo in questo disco crepuscolare con il bassista Charlie Haden, registrato dal vivo in Giappone, dove la musica si tiene sempre a livelli di tranquillità zen, spesso sussurrata sul bordo di pianissimi impercettibili, con pochissime note ben calibrate. Un dialogo sotto il segno della lentezza e della meditazione, che però non annoia mai grazie all’intensità che Haden e Rubalcaba portano al discorso musicale, ascoltandosi e rispondendo a vicenda alle più intime nuances dinamiche. Il tempo metronomico sembra risalire appena nel medium shuffle di When will the blues leave, ma è solo un attimo: subito si ritorna a una dimensione dove bisogna aguzzare bene l’udito perché ogni nota acquista un valore potenziato proprio dal fatto di essere così spartanamente disposta nello spazio musicale, con atteggiamento allo stesso tempo austero e avvolgente.
Altus Trio, Gershwin, Bernstein, Stravinskij (Limenmusic)
L’eccellente formazione cameristica dell’Altus Trio ci presenta un programma da camera saporito e accattivante, eseguito con grande bravura ed empatia. Si va dalla deliziosa suite da Porgy and Bess di George Gershwin per violino e pianoforte realizzata dal grande virtuoso Jascha Heifetz alla Suite italienne, su frammenti barocchi italiani, di Igor Stravinskij nella versione per violoncello e pianoforte scritta per un altro grande virtuoso, Gregor Piatigorsky. In mezzo si trova il giovanile Trio per violino, violoncello e pianoforte di Leonard Bernstein, una pagina di raro ascolto che pur partendo da posizioni maggiormente tradizionali (influenzate in particolare da Hindemith e Copland) lascia già trasparire molte di quelle che saranno le sue caratteristiche compositive: accenni jazzati, vivacità ritmica, perfetta costruzione formale e gusto per melodie cantabili che s’imprimono subito nel cervello. Disco altamente consigliato per passare un’ora in compagnia di musica piacevolissima eseguita nel migliore dei modi.
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