The Rolling Stones, From the vault: Marquee club (Universal)
“In quegli anni nessuno poteva nemmeno avvicinarci sul palco, eravamo la migliore band del mondo” ha detto il bassista Bill Wyman parlando dei Rolling Stones nei primi anni settanta. Questa recentissima uscita nella straordinaria serie di registrazioni d’archivio che gli Stones hanno finalmente iniziato a mettere a disposizione ce lo conferma nel modo più assoluto. La serata al Marquee club di Londra del 26 Marzo 1971 iniziava il tour promozionale di Sticky fingers, uno dei capolavori assoluti del gruppo. Jagger, Richards e amici erano effettivamente in formissima e suonano con un’intensità al calor bianco e una energia che rendono questo disco imperdibile per qualsiasi appassionato di musica rock. La scaletta comprende sia brani del disco appena terminato sia classici come Midnight rambler e Satisfaction, e in più ci regala una perla raramente eseguita dal vivo, I got the blues. Cinquanta minuti al fulmicotone che trascinano l’ascoltatore e lo proiettano nel periodo più fertile e creativo della musica rock di quegli anni. La voce di Jagger è splendente di grinta insolente (anche grazie al nuovo eccellente mix di Bob Clearmountain e Brandon Duncan), il pubblico scatenato partecipa regalando ai musicisti ulteriori iniezioni di energia, il neoassunto Mick Taylor fraseggia con maestria sui tappeti blues che gli erano familiari, la ritmica di Charlie Watts e Wyman è una centrale nucleare. Assolutamente imperdibile.

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Keith Jarrett, Creation (Ecm)
Anziché proporre la registrazione di una serata intera, per la nuova uscita discografica da solista Keith Jarrett ha preferito cucire assieme momenti provenenti da concerti e città diverse (Tokyo, Toronto, Parigi e Roma) e il risultato è decisamente eccellente, visto che così si evitano i momenti di lungaggine e ripetizione che sono inevitabili (direi fisiologici) quando si deve inventare un’ora di musica di sana pianta, sul momento. Questo giudizioso editing realizzato dallo stesso Jarrett ci consegna dunque una delle sue migliori prove solistiche, dove il linguaggio ormai codificato dei suoi recital (influenze classicheggianti, momenti maggiormente liberi armonicamente, scorribande all’interno di sfaccettature differenti nella storia del jazz, dal bebop al free) risuona con maggiore freschezza rispetto alle ultime prove consegnandoci su cd il distillato di queste serate, ricco di sapori e come sempre dominato dall’incredibile padronanza che Jarrett ha sul pianoforte, con stupefacenti escursioni di colori e dinamica, fraseggi sempre impeccabili, conoscenza armonica che ha pochi rivali, anche una maggior facilità melodica rispetto agli sperimentalismi di qualche anno fa. Un ascolto sempre godibile per una musica che utilizza in pari grado sentimento e razionalità.

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James Taylor, Before this world (HearMusic/ Concorde)
A tredici anni dal precedente October road (dal punto di vista compositivo il suo capolavoro), James Taylor ritorna a registrare canzoni originali con questo album di qualità, suonato, cantato e realizzato in modo sopraffino grazie a musicisti fidati come Steve Gadd (batteria), Larry Goldings (pianoforte), Jimmy Johnson (basso) e con ospiti extralusso quali Yo-Yo Ma al violoncello e Sting ai cori. Certo, rispetto all’album precedente l’ispirazione appare decisamente stanca, e il livello delle canzoni non è un granchè, a parte brani molto belli come You and I again, Before this world e Snowtime. Ma al caro vecchio James si può tranquillamente perdonare qualche momento di pausa creativa: siamo comunque di fronte a un disco impeccabile e piacevolissimo che scorre come un bicchiere di acqua fresca e che si va sempre riascoltare volentieri. La voce è in gran forma e risveglia all’istante memorie lontane, mentre la morbida atmosfera dell’album garantisce un sicuro piacere.

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