L’allettante confronto tra il ritiro delle forze statunitensi da Kabul nel 2021 e quello da Saigon nel 1975 è sempre meno efficace. Dal Vietnam sono state portate via circa settemila persone (5.500 civili vietnamiti e circa 1.500 statunitensi), mentre dal 14 agosto, il giorno prima che la capitale afgana cadesse in mano ai taliban, più di 95mila persone hanno lasciato l’Afghanistan con uno storico ponte aereo.

E la partenza da Saigon non ha dovuto affrontare i kamikaze. Gli attentati del 26 agosto compiuti dal gruppo Stato islamico (Is) a Kabul, in cui sono morti 13 militari statunitensi e almeno sessanta civili afgani, ha interrotto le operazioni di evacuazione e trasformato una crisi in una catastrofe.

È stato il giorno più buio della presidenza di Joe Biden, a cui non restano buone opzioni: deve decidere se abbreviare, mantenere o estendere la scadenza del 31 agosto per il ritiro completo delle forze statunitensi.

Il dilemma di Biden
Accorciare i tempi e fuggire ora lascerebbe bloccati in territorio ostile, secondo la maggior parte delle stime, centinaia di cittadini statunitensi e migliaia di collaboratori afgani. Ma restare più a lungo sarebbe un invito a ulteriori attacchi sulle enormi folle in aeroporto da parte dell’ala locale dell’Is (lo Stato islamico della provincia di Khorasan, Iskp) e, dopo il 31 agosto, da parte degli stessi taliban.

“Ogni giorno in più in cui restiamo è un altro giorno in cui sappiamo che l’Iskp prenderà di mira l’aeroporto per attaccare sia le forze statunitensi sia quelle alleate, oltre a civili innocenti”, aveva avvertito Biden martedì.

Dopo aver già deluso gli alleati internazionali, che desideravano un ritorno della leadership americana con la fine della presidenza di Donald Trump, il presidente si trova anche con un panorama politico cambiato in patria. È vero che relativamente pochi statunitensi si preoccupano dell’Afghanistan o di altre questioni di politica estera, essendo piuttosto concentrati sulla pandemia e su come mettere qualcosa in tavola. Ma ora, dopo il giorno più pesante in termini di perdite per le truppe statunitensi in Afghanistan in più di un decennio, i sacchi per cadaveri che torneranno a casa saranno una sveglia anche per gli isolazionisti e gli apatici.

Se l’Iskp voleva attirare l’attenzione del mondo e sottolineare i limiti del potere degli Stati Uniti, sicuramente ci è riuscito

Questa tragedia alimenterà la polarizzazione dell’America e farà salire la temperatura politica. Alcuni repubblicani hanno già chiesto le dimissioni del presidente. Josh Hawley, senatore del Missouri, ha dichiarato: “Questo attentato è il prodotto catastrofico del fallimento della leadership di Joe Biden. Ora è dolorosamente chiaro che non ha né la volontà né la capacità di guidare il paese. Deve dimettersi”.

A lungo termine, l’atrocità del 26 agosto offre uno scorcio del caos che verrà in Afghanistan e di quanto purtroppo gli sforzi per la costruzione della nazione e l’esportazione della democrazia in stile occidentale siano falliti. Se l’Iskp voleva attirare l’attenzione del mondo e sottolineare i limiti del potere degli Stati Uniti, sicuramente ci è riuscito.

L’Iskp è un nemico giurato dei taliban e ideologicamente ancora più estremo. Tra le sue file ci sono anche alcuni taliban che erano contrari ai colloqui di pace con gli Stati Uniti. L’attentato all’aeroporto di Kabul suggerisce cosa potrà succedere dopo che gli statunitensi se ne saranno andati.

Tutto questo si aggiunge alle minacce dei taliban ai diritti umani, in particolare a quelli di donne e ragazze, alla debolezza delle istituzioni governative e a un’economia che precipita verso il baratro. “Questa è una crisi umanitaria a tutti gli effetti”, ha affermato Bob Menendez, presidente della commissione per le relazioni estere del senato di Washington.

Oltre ai paralleli con Saigon, è stato anche ampiamente osservato con frustrazione negli ultimi giorni che vent’anni di sangue e risorse statunitensi in Afghanistan non sono riusciti a fare la differenza. O forse giovedì, quando il vaso di Pandora si è aperto, si è visto che hanno fatto la differenza, ma in peggio.

Mehdi Hasan, un conduttore della Msnbc, ha twittato: “Abbiamo invaso l’Afghanistan per combattere un gruppo terroristico, Al Qaeda, che ci aveva attaccato. Ora che ce ne andiamo, siamo attaccati da un altro gruppo terroristico, l’Is, che è peggio di Al Qaeda e che non esisteva quando abbiamo invaso il paese. Come ho già detto: la guerra al terrorismo ci ha dato solo più guerra e più terrorismo”.

(Traduzione di Stefania Mascetti)

Questo articolo è stato pubblicato dal Guardian.

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