Una possibile Palma d’oro? Ma’Rosa del filippino Brillante Mendoza. Mendoza non è considerato uno dei registi asiatici di punta, come il tailandese Apichatpong Weerasethakul, Palma d’oro a Cannes nel 2010 con Lo Zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, o il cinese Jia Zhang-ke, Leone d’oro a Venezia nel 2006 con Still life, il cui ultimo film, Al di là delle montagne, era stato tra i pochi titoli di rilievo dell’edizione di Cannes nel 2015.

Brillante Mendoza a volte è criticato perché il suo cinema è considerato troppo crudo e perché il suo approccio, in alcuni casi, si presta all’accusa di gratuità. Tuttavia occupa un posto di rilievo nell’attuale panorama cinematografico contemporaneo e credo che le sue scelte di regia abbiano sempre un senso profondo.

Con Ma’Rosa Mendoza sembra aver voluto rovesciare il tema di alcuni suoi film del passato, come Lola, presentato in concorso a Venezia nel 2009 e molto apprezzato dalla critica, Kinatay, presentato a Cannes sempre nel 2009 e poi oggetto di molte critiche, e Serbis, in concorso al festival francese nel 2008.

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Due coniugi, Rosa e Nestor, vivono nell’immenso dedalo di casupole e strade di Manila. Accanto al commercio legale della drogheria affiancano quello meno legale di droga. La polizia li arresta per una soffiata e toccherà ai figli cercare di tirarli fuori. Devono raccogliere una gran quantità di denaro in poco tempo, da aggiungere a quello già consegnato alla squadra della polizia antidroga, profondamente corrotta.

Vortice melmoso

Mendoza riprende da Kinatay la denuncia della corruzione e della spietatezza delle forze dell’ordine, da Lola il volto femminile al centro del film, da Serbis, anarchico ma a suo modo poetico film sulla matriarca di una famiglia che gestisce un cinema porno, il caos dei suoni e dei movimenti di macchina.

Ma i suoni, a loro modo puri, e i colori luminosi di Serbis lasciano il posto a suoni e soprattutto colori da minestra sporca, da risciacquo di piatti lavati. E questo vortice melmoso in cui sono immersi i personaggi è reso con grande maestria da Mendoza, grazie all’uso del digitale. E il volto duro di Ma’ Rosa, donna quarantenne, si scioglie nel finale: è la sequenza più bella vista finora al festival, così come l’anziana Lola era il volto rivelatore di Venezia 2009.

Il cinema è una grande arte dei volti e Mendoza ce lo ricorda con potenza. Come ci ricorda quanto è umano il popolo filippino: tutti prestano soldi, compresa la zia intrattabile, compreso l’uomo che va col ragazzo marchettaro. Tutti sono meglio di “quella” polizia. Ma’ Rosa è un inno privo di retorica al popolo filippino preso nel flusso della vita. La vita malgrado tutto.

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