Andrej Longo, L’altra madre
Adelphi, 197 pagine, 17,00 euro

Come il fortunato Dieci, pubblicato nel 2007, questo nuovo romanzo di Andrej Longo si distingue per il linguaggio bello e terso, un amalgama di dialetto napoletano e gergo italiano che a volte diventa poesia. “Come sto?”, chiede Genny, un ragazzo di 16 anni che fa il barista in un bar di via Toledo, a Napoli, mentre prova per la prima volta il fatale casco integrale. “Stai ’na guerra”, gli risponde Salvatore, l’amico più grande che l’ha convinto a partecipare a uno scippo al Vomero. La vittima è Tania: “Tiene quindici anni, caruccia, senza grilli”.

Quel giorno Tania sale sulla funicolare per andare a trovare un’amica benestante che vive in quel quartiere. Salvatore le strappa la borsa, lei resiste, cade per terra, batte la testa. Quando sua madre Irene, poliziotta, arriva sulla scena, la ragazza è già morta. Nel frattempo Genny, che sulla moto sa correre come nessun altro, è già lontano. Irene indaga in gran segreto, cattura Genny e lo porta a casa sua per torturarlo. Qui le certezze crudeli della donna crollano, e alla fine sarà il ragazzo a salvarla. L’intreccio fitto tra i destini di Genny e Tania e quelli delle loro madri ha una sua logica a livello morale ma risulta un po’ forzato in un modo di narrare tutto sommato realista. Sarebbe, forse, un bel film.

Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2016 a pagina 90 di Internazionale, nella rubrica Italieni. Compra questo numero | Abbonati

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