Paolo Cognetti, Le otto montagne
Einaudi, 199 pagine, 18,50 euro
Cittadini di un paese montagnoso, gli italiani hanno da sempre un rapporto speciale con i pendii e le vette. Pietro, ragazzo di città, e Bruno, figlio di un minuscolo e quasi deserto paesino delle alpi piemontesi, si conoscono d’estate, quando la famiglia del primo arriva in villeggiatura. I genitori di Pietro amano la montagna, ma in modi molto diversi e anche lui, nel corso di anni di amicizia a volte faticosa con il ragazzo montanaro, trova il suo modo personale di apprezzarla.
Da questa materia, Paolo Cognetti costruisce un breve, acuto romanzo che ha il dono della semplicità e della molteplicità. È una storia di amicizia maschile, un romanzo di formazione e di educazione sentimentale, una riflessione sulla montagna come metafora di vita e sulle otto montagne di una leggenda buddista. Ed è anche il racconto della storia umana della montagna, in cui la natura nasconde sentieri, baite, malghe, canali, miniere e boschi scolpiti nei secoli da pastori e boscaioli, minatori e carbonari. Un passato remoto che è una lingua ricca e precisa, “la lingua concreta delle cose”, con la quale l’autore costruisce il suo romanzo.
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