Marshall Sahlins, La parentela: cos’è e cosa non è

Elèuthera, 126 pagine, 13 euro

Da qualche tempo gli antropologi hanno capito che ridurre la parentela ai soli legami di sangue è una prospettiva limitante: ci sono moltissime culture in cui gli individui hanno parenti sulla base di legami che non hanno nulla a che vedere con quella procreazione che noi continuiamo a definire naturale. Anche nell’occidente sviluppato il mutare della composizione delle famiglie e la diffusione delle tecniche di fecondazione assistita rendono necessario pensare nuove definizioni dell’essere parenti.

Giunge quindi benvenuta questa riflessione del grande antropologo Marshall Sahlins, che ci ha insegnato spesso a cambiare prospettiva su quello che ci sembra naturale (l’economia, la democrazia, la storia). Stavolta Sahlins riflette su quale sia il fondamento della parentela nelle società umane e, oltre a smontare ogni ipotesi fondata sulla biologia, ne propone una che ha il suo concetto chiave nella reciprocità.

Secondo lui, due individui sono parenti quando l’uno condivide, dal punto di vista affettivo e da quello simbolico, la vita dell’altro. Si tratta di una definizione inclusiva che comprende sia quanti s’identificano in un rapporto basato sulla procreazione, sia quanti non ci si identificano (come i bambini delle isole Trobriand, che non hanno alcuna relazione con gli uomini che li hanno concepiti): una definizione che forse sarebbe utile anche per i legislatori.

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