Anche se non sarà domani è meglio prepararsi per tempo. Dal 16 al 21 marzo gli abitanti di Venezia e della sua regione sono invitati a rispondere su internet alla domanda seguente: “Vuole che il Veneto diventi una repubblica indipendente e sovrana?” Secondo il sito plebiscito.eu che organizza questa consultazione, il 18 marzo più di due milioni di persone avevano già preso parte a questo scrutinio solamente consultivo. Una manifestazione per l’indipendenza è prevista domenica a Padova. Gli organizzatori contano di avere diverse decine di migliaia di partecipanti.

Sfruttando il successo di questa iniziativa e di alcuni sondaggi secondo cui la volontà di indipendenza sarebbe sostenuta dal 60 per cento degli abitanti del Veneto, il governatore della regione Luca Zaia, membro della Lega nord, è pronto a far votare un progetto di legge di indipendenza che potrebbe portare a un referendum sull’autodeterminazione sul modello di quelli previsti in Scozia e in Catalogna. “Non sarà facile”, ammette il governatore anticipando già i ricorsi che saranno presentati dallo stato italiano. Ma “il diritto internazionale ci darà ragione”, assicura Zaia.

Ma perché i veneziani, uniti al Regno d’Italia dal 1866, dovrebbero voler tornare ai tempi in cui la Repubblica di Venezia - detta la Serenissima - era una delle grandi potenze economiche europee, prima che Napoleone ne affrettasse la caduta nel 1797 e la facesse passare con il trattato di Campoformio sotto la sovranità austriaca? Si tratta di nostalgici dei dogi? Di persone attaccate al passato? O di semplici iniziative stravaganti?

“No”, spiega con fermezza uno dei responsabili dello scrutinio, “non vogliamo più far parte di un paese in cui nulla funziona e che va diritto contro un muro”. Sul sito

plebescito.eu, nella parte intitolata “le ragioni per votare sì” (quella dedicata alle ragioni per votare no è ancora vuota), si può leggere: “L’indipendenza è ormai evidente. L’alternativa è la morte civica in un’Italia reclinata su se stessa”. Un’analisi non molto lontana da quella di Beppe Grillo, che sul suo blog invita a ritrovare “l’identità degli stati millenari come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie”.

Martedì scorso, di passaggio a Roma presso l’associazione della stampa estera, Zaia ha voluto confermare la validità di questo progetto. Economicamente, sostiene il governatore, il Veneto con i suoi cinque milioni di abitanti e i suoi 700mila artigiani e piccole imprese - “degli eroi” - è perfettamente in grado di vivere fuori dall’Italia. Per lui la regione paga 71 miliardi di euro di tasse allo stato, cioè 21 miliardi in più di quello che riceve come investimenti e servizi. I 581 comuni hanno un bilancio in equilibrio e “nessun parlamentare è sotto inchiesta da parte della magistratura”. Infine, sette abitanti su dieci parlano il veneto. “Tuttavia”, si rammarica Zaia, “Roma continua a guardarci con arroganza, come se fossimo alle frontiere dell’impero”.

Paradossalmente le spinte indipendentiste sono di nuovo forti proprio mentre la Lega nord, che sosteneva le rivendicazioni secessioniste e poi autonomiste dell’Italia settentrionale - la mitica Padania - ha subìto la più grave sconfitta della sua storia alle elezioni del febbraio del 2013 (ottenendo poco più del 4 per cento dei voti). Così il partito cerca di recuperare le rivendicazioni che aveva dimenticato organizzando una consultazione.

“Ci è stata rifiutata l’autonomia e abbiamo provato la strada del federalismo”, osserva il governatore. “Ci è stato rifiutato il federalismo, adesso chiediamo l’indipendenza”. Rimane il problema di trovare un nome a questa nuova repubblica ancora molto nebulosa. Zaia, che porterà il progetto alle elezioni regionali del 2015, assicura di non averci ancora pensato.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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