1. A67, Il male minore (feat. Caparezza)
Ogni tanto la canzone giusta spunta al momento giusto, e sembra il caso del pezzo con cui la band di Scampia torna dopo sei anni: in mezzo a una campagna elettorale percepita come la più avvilente di sempre, e in cui a molti pare evidente che ci sia un solo partito vagamente votabile (si legga, in proposito, un articolo del Post: Guardiamoci negli occhi, di Francesco Costa). La band di Daniele Sanzone (il cantante che nel video del pezzo si fa bombardare da ogni cosa) ha sfornato una Canzone popolare per tempi mesti.
2. Eminem, River (feat. Ed Sheeran)
“You need to take responsibility for your own fucking actions”: ecco una frase da tatuarsi sull’avambraccio. Nel video di questa canzone è da prendersi anche molto alla lettera. Il tema è drammatico (c’è di mezzo una gravidanza non pianificata) ma la massima ha una sua universalità. Eminem è il Pavarotti del livore, nessuno come lui domina la metrica della rabbia trattenuta, e la sua capacità oratoria da ruggito trattenuto si amalgama bene con i vocalizzi da ragazzo sensibile di Ed Sheeran. Un combinato disposto di bastone e carota.
3. SYML, Where’s my love
Poi sbuca la canzone che mette pace, che ti fa pensare che esiste ancora dolcezza nel mondo. E non è nemmeno sdolcinata, solo dolce. È un’oasi acustica, in origine data in pasto ai seguaci del programma di MtvTeen wolf, poi slegata, rielaborata, inclusa nei due ep ora radunati in un unico album (The hurt EPs). Forse c’è qualcosa di insopportabile ormai nell’idea del maschio bianco che soffre, ma lo statunitense Brian Fennell (che si cela dietro quello pseudonimo semplicistico) domina i toni e semitoni della malinconia come un campione del rodeo.
Pier Andrea Canei scrive per Internazionale la rubrica “Playlist”, in cui recensisce tre album in uscita. Questa rubrica è stata pubblicata il 23 febbraio 2018 a pagina 86 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati
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