L’onda d’urto non smette di propagarsi in tutto il mondo, e a Parigi è particolarmente violenta. Tutto nasce da un doppio annuncio che avrà conseguenze considerevoli: da una parte quello di un’alleanza in funzione anticinese tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia; dall’altra quello della sostituzione senza preavviso della grande commessa di sottomarini francesi destinati all’Australia e che saranno rimpiazzati da apparecchi statunitensi .
L’impatto si fa sentire prima di tutto in Francia, come dimostrano le reazioni ufficiali, con una collera senza precedenti. In secondo luogo in Europa, dove per uno scherzo del calendario il 16 settembre è stata annunciata la strategia dei ventisette per l’area indopacifica. In terzo luogo nei rapporti transatlantici direttamente coinvolti e infine in Cina, dove il governo ha reagito violentemente denunciando una mentalità da “guerra fredda”.
Tutti i protagonisti di questo sisma geopolitico sanno che in gioco non c’è solo il “contratto del secolo”, che i francesi sono evidentemente furiosi di aver perso. Il punto cruciale è lo smottamento strategico che ne deriva e che porta un rischio reale di conflitto.
Washington valuta i suoi interessi strategici in modo più restrittivo rispetto ai trattati
I cambiamenti percepibili sono di due ordini, ed entrambi riguardano i francesi in particolare e gli europei in generale. Il primo ha il merito della chiarezza, e ci mostra che l’amministrazione Biden, per quanto più gradevole della precedente, tratta gli alleati europei con la stessa disinvoltura. Dichiarando che Biden si comporta “alla Trump”, il capo della diplomazia francese Jean-Yves Le Brian ha preso una posizione netta e tutt’altro che diplomatica.
Come già accaduto con il ritiro dall’Afghanistan, anche stavolta gli americani non hanno consultato nessuno. A proposito del contratto dei sottomarini, a Parigi si parla addirittura di “inganno”, sottolineando che l’Australia ha comunicato la sua decisione poche ore prima dell’annuncio pubblico.
Ormai è chiaro che la convinzione che Biden potesse incarnare un ritorno dell’America del passato era solo un’illusione. Gli Stati Uniti hanno confermato gli impegni previsti dai trattati, ma a questo punto dobbiamo renderci conto che Washington valuta i propri interessi strategici in modo più restrittivo.
L’altro cambiamento riguarda il confronto con la Cina, il grande tema del secolo che ha vissuto un nuovo capitolo con l’organizzazione di un “blocco” americano in Asia. Passando dai sottomarini francesi a quelli statunitensi, l’Australia ha scelto di allinearsi con Washington, anche a causa delle minacce dirette di Pechino.
L’Europa, invece, non vuole allinearsi. Il 16 settembre, presentando la strategia indopacifica, il responsabile della diplomazia europea Josep Borrell ha dichiarato che l’obiettivo è “la cooperazione, non il conflitto” con Pechino, pur preoccupandosi di difendere i valori democratici. Questo però non è abbastanza agli occhi degli statunitensi, entrati effettivamente in una logica da guerra fredda.
In questo mondo polarizzato c’è ancora spazio per una “terza via” europea che non sia né mercantile né un segno di debolezza davanti a una potenza aggressiva? Gli europei sono pronti a difendere un’autonomia strategica? Questi sono gli interrogativi che la vicenda dei sottomarini ha il merito di evidenziare, a prescindere dalla rabbia francese.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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