La formula adottata il 9 novembre da un ministro tedesco riassume bene la situazione: quella condotta contro l’Unione europea è “una guerra ibrida”, ovvero un modus operandi che mescola azioni destabilizzanti e una guerra dell’informazione, e può comprendere anche interventi militari.
È una descrizione adeguata di ciò che sta succedendo alla frontiera tra Polonia e Bielorussia, dove migliaia di migranti, soprattutto originari del Medio Oriente, vengono condotti sul posto dalle forze del regime dittatoriale di Minsk e spinti verso il territorio polacco.
La vicenda nasconde una doppia trappola e provoca un trambusto diplomatico, all’interno dell’Unione ma anche della Nato, preoccupata dalle tensioni sul fianco orientale dell’Europa. Il doppio rischio è quello di una reazione puramente securitaria che non tenga conto della crisi umanitaria e quello di una reazione politica insufficiente. In entrambi i casi l’Europa ne uscirebbe perdente.
Si tratta evidentemente di una trappola se consideriamo che l’afflusso di migranti non è provocato da una guerra o da una catastrofe, come accaduto nel 2015 con i profughi siriani, ma da una strategia deliberata.
La Polonia sta reagendo cercando con tutti i mezzi di impedire ai migranti di attraversare il confine e respingendoli verso la Bielorussia. Ma gli agenti di frontiera bielorussi non lasciano tornare indietro i profughi, e fanno ricorso anche alle armi. Migliaia di persone sono bloccate in una terra di nessuno inaccessibile alle organizzazioni umanitarie, al gelo. Alcuni hanno già perso la vita.
I mezzi d’informazione propagandistici russi si gettano nella mischia parlando soltanto del comportamento delle forze polacche. Una testata ha ironizzato sul fatto che Varsavia aveva seguito gli americani nella guerra in Iraq ma oggi si rifiuta di accogliere pochi rifugiati iracheni.
La Polonia, ignorando la dimensione umanitaria della crisi, rischia di perdere la battaglia dell’informazione.
La seconda trappola è relativa alla risposta politica. Esistono chiaramente flussi ben organizzati verso la Bielorussia. Un video girato pochi giorni fa all’aeroporto di Damasco mostra una fila interminabile composta apparentemente da curdi iracheni che si preparano a imbarcarsi per Minsk.
Una compagnia aerea privata siriana sarebbe coinvolta nella manovra, e questo rende difficili da attuare le sanzioni di cui parlava l’8 novembre la presidente della Commissione europea. La compagnia aerea in questione, infatti, non serve destinazioni europee, e le sue rotte si limitano al Medio Oriente e alla Russia.
Il 9 novembre il dittatore bielorusso Aleksandr Lukašenko ha parlato con Vladimir Putin, che oggi rappresenta la sua assicurazione sulla vita. La chiave di questa crisi è chiaramente a Mosca, come ha confermato il ministro dell’interno tedesco.
Come può l’Unione europea difendersi e soprattutto farsi rispettare da avversari che sanno come destabilizzarla senza grandi sforzi? Attendiamo la risposta europea.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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