Il 10 giugno il cancelliere tedesco Olaf Scholz si è rifiutato di sciogliere il Bundestag, il parlamento, e di cedere alle richieste dell’opposizione, incoraggiata dall’esempio francese. Ciò non toglie che la coalizione al potere a Berlino abbia subìto una sconfitta disastrosa quanto quella di Emmanuel Macron in Francia.

La mappa elettorale tedesca dice tutto. Sul territorio dell’ex Germania Ovest domina il nero, il colore dei cristiano democratici della Cdu, mentre in Baviera spadroneggia il partito dei loro alleati, la Csu. Anche nel territorio dell’ex Germania Est trionfa un unico colore, il blu dell’Alternative für Deutschland (Afd), di estrema destra.

Qua e là emerge qualche macchia rossa o verde, i colori dei partiti al potere, in modo particolare a Berlino. Ma bisogna sforzarsi parecchio per trovarli su una mappa che segna la loro sconfitta.

La vittoria appartiene prima di tutto alla Cdu, partito che è stato di Angela Merkel e che è rinato dalle sue ceneri, ottenendo il 30 per cento dei voti. Ma a sfondare è stato anche l’Afd, diventato la seconda forza del paese, dominante nell’ex Germania Est. Diversamente da quanto successo in Francia, in questo caso l’avanzata dell’estrema destra riflette il fossato che separa le due Germanie.

I tre partiti della coalizione guidata da Scholz subiscono perdite enormi, pagando la scomparsa della fiducia nel governo e l’aumento dei prezzi dell’energia dovuto alla fine delle importazioni di gas russo dopo l’invasione dell’Ucraina. La coalizione, inoltre, paga i dubbi sulla tenuta di un’industria che appare indebolita e sul tema dell’immigrazione.

Con il 14 per cento dei voti, il Partito socialdemocratico (Spd) del cancelliere Scholz registra il peggior risultato della sua storia, mentre i Verdi, che fino a qualche anno ottenevano un successo dopo l’altro, sono precipitati al 12 per cento. Il governo di Berlino, insomma, deve fare i conti con un vero e proprio tracollo.

Ad attirare di più l’attenzione è l’affermazione dell’Afd, partito fondato appena undici anni fa e protagonista di una serie infinita di scandali, che nei mesi scorsi avevano provocato oceaniche proteste di piazza, soprattutto contro lo sconvolgente progetto di espulsione degli immigrati. L’Afd ha dovuto modificare le liste a causa delle dichiarazioni negazioniste di alcuni candidati, eppure si è imposto ovunque nell’ex Germania Est, tranne che a Berlino.

In autunno sono previste nuove elezioni in tre land dell’est del paese, diventati bastioni di un partito talmente radicale che Marine Le Pen ha dovuto escluderlo dal suo gruppo parlamentare a Strasburgo. Una vittoria dell’estrema destra in un land sarebbe una novità assoluta dopo la riunificazione della Germania, avvenuta più di trent’anni fa.

Il successo nazionale della Cdu e la crescita sensazionale dell’Afd indeboliscono Olaf Scholz e la sua coalizione traballante, anche se le prossime elezioni federali si terranno solo nell’autunno dell’anno prossimo.

A livello europeo, i due principali paesi dell’Unione, Francia e Germania, vivono due situazioni politiche destabilizzanti. Di sicuro questo non era lo scenario previsto fino a poche settimane fa, quando l’Europa cercava di prepararsi a una possibile vittoria di Donald Trump alle presidenziali statunitensi di novembre.

A questo punto, in Germania come in Francia, è necessaria un’analisi seria per capire le origini di questo deragliamento.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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