Il 27 marzo il presidente francese Emmanuel Macron ha scelto una formula coraggiosa per descrivere la situazione attuale in Europa, parlando della volontà di “uscire dallo stato di minoranza geopolitica”. Macron è intervenuto al termine del summit parigino convocato per mettere a punto un nuovo “format”, com’è definito in gergo diplomatico: la cosiddetta coalizione dei volenterosi, ovvero un’alleanza fra 31 paesi intenzionati a sostenere l’Ucraina in questo momento delicato e pieno di pericoli.
L’aspetto più significativo del vertice è stato sicuramente l’assenza degli Stati Uniti. Tutti i paesi partecipanti sono alleati della Casa Bianca, ma ora si domandano se non sia più corretto coniugare questa frase al passato. Da questa riflessione nasce il riferimento di Macron alla necessità di “uscire dallo stato di minoranza geopolitica”, ottenendo una sorta di emancipazione e di passaggio all’età adulta.
Il 27 marzo, nella capitale francese, si respirava un’aria di ricostituzione dell’occidente senza Washington. Alla riunione erano infatti presenti i paesi dell’Unione europea (tranne l’Ungheria, la Slovacchia, l’Austria e Malta) e quelli della Nato che non fanno parte dell’Unione (come il Regno Unito, la Norvegia, il Canada e la Turchia), e perfino l’Australia, arrivata dal lontano Pacifico. L’assenza degli Stati Uniti è il segno lampante della fine di un’epoca.
A unire i paesi cosiddetti volenterosi è la consapevolezza dolorosa del fatto che “i leader del mondo libero” – com’erano chiamati durante la guerra fredda – sono diventati improvvisamente una potenza imperiale egoista che non conosce più alleati né amici. Oggi tutti quelli che hanno continuato ad affidarsi alla protezione statunitense si sentono deboli in un mondo pericoloso.
La coalizione, ancora piena di contraddizioni, si è comunque organizzata nel giro di poche settimane, ovvero da quando è apparso chiaro che l’Ucraina avrebbe potuto pagare cara la svolta di Washington. La scena dell’umiliazione di Volodymyr Zelenskyj alla Casa Bianca è stata la scintilla che ha acceso la presa di coscienza degli altri.
In questa fase di smarrimento, la coalizione (una specie di Nato soft) si stringe attorno alla Francia e al Regno Unito, due potenze nucleari con eserciti particolarmente avanzati. In prima linea, a Parigi, c’erano dunque Macron e il premier britannico Keir Starmer, con i rispettivi capi dello stato maggiore.
Stiamo assistendo alla nascita di una nuova alleanza? Non bisogna correre, perché la coalizione sta ancora cercando una propria coerenza. È evidente sul tema della cosiddetta forza europea di rassicurazione, di cui si parla da settimane, un contingente militare da inviare in Ucraina dopo l’entrata in vigore di un cessate il fuoco. Solo pochi paesi sono pronti a seguire Londra e Parigi su questa strada, e non è ancora scontato che l’iniziativa possa andare in porto in assenza di garanzie da parte di Washington.
Esistono anche voci fuori dal coro, come quella di Giorgia Meloni. Il 27 marzo la presidente del consiglio italiana ha dichiarato che gli Stati Uniti saranno invitati alla prossima riunione dei volenterosi. Meloni non ha evidentemente rinunciato alla speranza di tenere in piedi i ponti sull’Atlantico.
Di fatto, nessuno vuole una rottura con la Casa Bianca, ma la maggior parte dei partecipanti non può fare altro che constatare che è stata Washington a voltargli le spalle.
Nonostante i tentennamenti, è chiaro che sta succedendo qualcosa di inedito. Gli amici docili degli Stati Uniti hanno finalmente deciso di organizzarsi. È un momento storico, anche se è giusto mantenere la prudenza sulla capacità di questa alleanza di cambiare davvero la situazione sul campo.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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