In Argentina è in discussione la legalizzazione dell’aborto entro la quattordicesima settimana di gravidanza. Il disegno di legge è già passato alla camera e ora il dibattito si è spostato al senato, che dovrebbe votarlo entro l’8 agosto. Il presidente della repubblica Mauricio Macri, che è contro il provvedimento, ma ha detto che non porrà il veto alla legge se sarà approvata dai parlamentari, ha favorito il dibattito in virtù di una strategia politica, cercando di salvare la sua popolarità, passata negli ultimi mesi dal 58 al 35 per cento a causa della crisi economica. Macri cerca anche di rispondere alle forti pressioni da parte di gruppi femministi che negli ultimi anni si sono mobilitati per chiedere che la legge faccia dei passi avanti.
In tutto ciò, i difensori della causa abortista hanno guadagnato una nuova e insolita sostenitrice, la scrittrice canadese Margaret Atwood, 78 anni, autrice di Il racconto dell’ancella. Il romanzo, scritto nel 1980, parla di uno stato teocratico che prende il sopravvento negli Stati Uniti e stabilisce regole e valori molto rigidi. Tutto ruota intorno al piano di sfruttare al massimo la fertilità di alcune donne. Dal momento che, in questo mondo immaginario, il tasso di natalità è sceso a livelli drammatici, gli ideologi della cosiddetta repubblica di Gilead decidono di obbligare le donne ancora fertili a una sola attività: riprodursi. Trasformate in ancelle, sono costrette a trascorrere lungi periodi nelle case dei comandanti – i nobili del regime – dove vengono violentate finché non restano incinte. I bambini nati rimangono con la famiglia del comandante e le donne vengono assegnate ad altre case. Il libro ha ottenuto vari premi e ha ispirato una serie tv, The handmaid’s tale, che è alla sua seconda stagione.
Una delle ispirazioni per Il racconto dell’ancella è stato proprio quello che era successo in Argentina negli anni settanta
Alla fine dell’anno scorso, Atwood era a Buenos Aires. In una conversazione alla biblioteca nazionale con il suo direttore, lo scrittore Alberto Manguel, ha rivelato che una delle sue fonti di ispirazione è stata l’Argentina degli anni settanta. Durante la dittatura militare (1976-1983), centinaia di donne incinte che partecipavano alla resistenza contro il regime furono imprigionate: i loro compagni furono uccisi immediatamente mentre loro furono tenute in vita fino al parto. I bambini sono stati poi consegnati a famiglie di militari che avevano difficoltà ad avere figli, mentre le madri sono state uccise nei centri di detenzione clandestini.
Atwood ha anche incontrato gruppi di donne che chiedono pene più severe per la violenza di genere – in Argentina una donna viene uccisa ogni 29 ore – e si è espressa a favore dell’aborto. Oggi nel paese l’interruzione di gravidanza è consentita solo in caso di stupro, pericolo per la vita della madre e malformazione del feto.
Le sue parole non ci hanno messo molto a riecheggiare al congresso. Al momento di esprimere il suo voto a favore dell’aborto, la deputata Victoria Donda ha citato la repubblica di Gilead dal suo particolare punto di vista. Donda è nata nell’Escuela de mecánica de la armada (Esma), uno dei centri in cui le persone erano incarcerate e torturate. Sua madre è stata uccisa lì dopo la sua nascita e lei ha vissuto per anni pensando di essere la figlia dell’ufficiale militare che l’aveva presa con sé. Ha collegato la sua esperienza con la finzione del romanzo per mostrare che la realtà è spesso simile agli orrori descritti da Atwood. Nel suo caso, lo stato ha sottomesso le donne – riducendole al ruolo delle procreatrici – e ha trasformato gli embrioni in qualcosa che può essere distribuito a piacere, come, ha detto Donda, hanno fatto anche con lei.
Atwood ha scritto un tweet per chiedere alla presidente del senato (e vicepresidente del paese), Gabriela Michetti, una donna cattolica e contraria all’aborto, di non mettere più ostacoli alla legge. Michetti, che presiederà la votazione finale, ha rilasciato dichiarazioni controverse sul tema e ha proposto delle alternative, tra cui le adozioni (anche se così si costringe la donna a portare a termine la gravidanza). In una recente intervista, ha detto: “Una donna può dare in adozione, o vedere cosa succede durante la gravidanza, lavorare con uno psicologo, non lo so. Ci sono persone che vivono situazioni molto più drammatiche, che non si possono risolvere, eppure le affrontano”. Come base della sua tesi afferma che” i poveri hanno molti figli, sette, otto, e non sembrano esserci problemi”.
I gruppi per i diritti delle donne hanno criticato le dichiarazioni di Michetti, e ancora una volta Atwood li ha supportati con messaggi sui social network indirizzati alla presidente del senato. Ha chiesto a Michetti di non “voltare lo sguardo davanti alle migliaia di donne che muoiono ogni anno a causa degli aborti clandestini” e di “lasciare alle donne argentine il diritto di decidere”. E ha aggiunto: “Le argentine si stanno battendo per i loro diritti e le loro vite”.
Michetti non ha risposto, ha semplicemente affermato di non conoscere la scrittrice e il suo lavoro, e che coloro che fanno campagna per l’aborto vogliono una “società più individualista che pensa solo al suo piacere e al suo ombelico”.
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano brasiliano Folha de S. Paulo.
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