Su un totale di 48 milioni di turisti stranieri che hanno visitato l’Italia nel 2013, diciotto milioni lo hanno fatto perché attratti dal nostro patrimonio artistico-culturale. Sono solo tredici milioni i turisti italiani mossi dalla stessa motivazione: i “turisti culturali”, quindi, sono soprattutto stranieri.

La spesa complessiva per questo settore sfiora i dieci miliardi di euro, dei quali il 60 per cento è imputabile all’apporto degli stranieri. I costi di recupero e manutenzione del nostro patrimonio artistico ci impongono di aumentare al più presto le entrate legate a questi flussi turistici. Non solo quelle delle biglietterie e dei

bookshop, ma anche i ricavi legati ai servizi di trasporto, alla ristorazione, allo shopping e agli alloggi.

Stefano Landi propone su lavoce.info alcune soluzioni. A partire dal censimento di chi visita i siti e di chi partecipa agli eventi, anche in base all’origine geografica e al profilo di spesa, in modo da poter differenziare il prezzo in base a elementi come l’orario, il giorno, la fascia sociale, la capacità di spesa o la provenienza. Si tratta del cosiddetto revenue management, già applicato con successo in altri settori. Altrimenti, Pompei continuerà a incassare venti milioni di euro in un anno e gli Internazionali di tennis di Roma 23 milioni in una settimana.

È importante proporre un’offerta articolata, diversificando anche le destinazioni d’uso di siti ed edifici. Inoltre, per disincentivare il turismo “mordi e fuggi” limitato alle località più rinomate, è necessario pensare a “pacchetti” con altri prodotti o servizi che aumentino la redditività del territorio.

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