L’inizio dell’anno accademico si avvicina, le vacanze si avviano a finire e nelle università degli Stati Uniti gli studenti e le studentesse, anche se non sono più al primo anno ma entrano in quell’università per la prima volta, sono già al lavoro. Devono seguire quattro corsi d’un’ora e mezza ciascuno e poi rispondere con coscienza e serietà a batterie di test a risposta chiusa. A occhi europei (non solo italiani) la materia dei corsi può apparire stravagante. Il primo riguarda i danni dell’alcol. È vero, c’è il divieto di consumare alcol sotto i 21 anni, ma l’università si preoccupa lo stesso che chi arriva conosca i danni dell’alcolismo e li eviti dato che, di fatto, nel campus il divieto spesso è ignorato.
Il secondo corso è su molestie sessuali e stupri: s’impara che per non essere stupro un rapporto sessuale dev’essere preceduto da un consenso esplicito manifestato senza che si siano assunti alcol o droghe. Altrimenti non solo una fragile fanciulla, ma anche un baldo giovanotto può accusare l’altra persona di stupro. Il terzo corso riguarda le interazioni con i minori di diciotto anni. Il quarto è sulla sicurezza: che fare se hai bevuto troppo e fa freddo e sopravviene una crisi ipotermica? E se c’è un tornado? E se arriva un killer con armi da fuoco? Che procedura seguire per cavarsela? Il nostro fido corrispondente Michele giustifica queste intrusioni nel privato. Nel campus si svolge l’intera vita di chi vi studia e di qui derivano responsabilità dell’università ignote in Europa.
Questa rubrica è stata pubblicata il 26 agosto 2016 a pagina 96 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati
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