La Zeit sta ospitando discussioni assai accese sull’insegnamento della storia nelle scuole. Mai è stato tanto controverso stabilire cosa devono studiare gli studenti nelle ore di storia. Louisa Richter racconta cosa succede in una scuola della Sassonia-Anhalt. Un ragazzotto vestito casual con scarpe da tennis e lacci fosforescenti e una ragazzina con lunghi capelli schiariti, seduti su un palco spoglio, mettono in scena un momento drammatico della Germania appena uscita dalla prima guerra mondiale. Lui fa la parte dell’incerto capo dell’ala socialdemocratica riformista, Philipp Scheidemann, costretto dai tumulti di piazza a proclamare in modo irrituale la repubblica, lei è Rosa Luxemburg, capo dei socialisti rivoluzionari e poi fondatrice del partito comunista tedesco.
Seguono attenti la discussione i compagni di classe. È la teoria della storia e del suo insegnamento come Einfühlung, come empatia da creare tra chi apprende e i fatti di tempi lontani. Thomas Sandkühler, professore di didattica della storia alla Humboldt di Berlino, è in disaccordo. Difende i land che stanno facendo scelte diverse. “Gli alunni devono studiare i fatti, altrimenti non capiscono niente”. L’Einfühlung funziona se sanno che Scheidemann proclamò la repubblica il 9 novembre 1918 e che Luxemburg fu assassinata il 15 gennaio 1919. Sennò sono chiacchiere sentimentali. Si controbietta: è la storia per date e fatti che ha prodotto la vistosa ignoranza di oggi.
Questa rubrica è stata pubblicata il 16 settembre 2016 a pagina 82 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati
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