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Decine di persone, militari e civili, sono morte in una serie di scontri e attentati nella provincia irachena di Al Anbar, dove nelle ultime settimane si sono intensificati i combattimenti tra l’esercito e i miliziani del gruppo Stato islamico. Almeno 45 agenti delle forze di sicurezza irachene sono stati uccisi in un attacco suicida, realizzato dal gruppo in una base militare nell’area di Tharthar, sulla strada che collega le città di Falluja e di Samarra. L’attentato è stato compiuto usando tre veicoli carichi di esplosivo e un mezzo multifunzionale su ruote humvee.
Il giorno prima dell’attacco, il capo del governo iracheno Haider al Abbadi aveva ammesso la perdita di circa 2.300 mezzi humvee: il gruppo Stato islamico se ne sarebbe impadronito dopo aver conquistato la città settentrionale di Mosul nel giugno 2014. I veicoli sarebbero utilizzati come autobombe per attaccare l’esercito regolare. Nella stessa giornata, in un’imboscata dei jihadisti nella località di Seddiqiya sono morte 33 persone, tra soldati iracheni e combattenti di una milizia alleata. Un attacco aereo inoltre ha centrato una moschea e un mercato molto frequentato a Falluja, uccidendo dodici civili e ferendone diciotto.
Il governo ha riferito di aver realizzato una serie di raid aerei contro la formazione jihadista nello scorso fine settimana, documentati da un video diffuso domenica 31 maggio. I jet da combattimento iracheni avrebbero colpito alcuni miliziani e distrutto infrastrutture ed equipaggiamenti nelle regioni di Al Anbar e Salahuddin.
Sono continuati anche i bombardamenti degli Stati Uniti e dei loro alleati: gli attacchi hanno interessato le città irachene di Ramadi, Al Baghdadi, Baiji, Falluja, Makhmur, Mosul, Sinjar e Tal Afar e le località siriane di Kobane e Al Hasakah.
Il mese scorso l’esecutivo di Baghdad ha annunciato l’inizio di un’operazione militare per conquistare le aree del paese cadute nelle mani dello Stato islamico. Con il sostegno delle milizie sciite, le truppe irachene hanno ripreso il controllo di diverse zone nelle province di Diyala e Salahuddin, a nord della capitale. Ma l’offensiva ha subito una battuta d’arresto a metà maggio, quando gli uomini del califfato hanno marciato su Ramadi, occupandola e mettendo in fuga l’esercito regolare.
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