Tra i partiti della sinistra radicale la condanna dell’imperialismo russo si scontra con l’antimilitarismo e la storica ostilità verso gli Stati Uniti e la Nato Leggi
C’è qualcosa di implacabilmente logico e profondamente ingiusto nella sconfitta di Alexis Tsipras alle elezioni legislative del 7 luglio. Leggi
25 gennaio: Il partito della sinistra radicale Syriza vince le elezioni in Grecia con la promessa di rinegoziare i termini del piano di salvataggio imposti dai creditori ad Atene. La vittoria del partito guidato da Alexis Tsipras apre un vivace dibattito in Europa sulle condizioni di adesione imposte ai diversi paesi della zona euro.
Syriza, nata nel 2012, conduce una campagna elettorale molto severa contro i conservatori di Nea Dimokratia e i socialisti del Pasok, accusati di aver imposto politiche di austerità troppo dure, per rispondere alle richieste dei partner europei che chiedono una riduzione del debito.
Il leader di Syriza Alexis Tsipras forma un nuovo governo a fine gennaio con i nazionalisti di Anel e nomina l’economista Yanis Varoufakis ministro delle finanze. A febbraio la Grecia ottiene una proroga di quattro mesi del programma di aiuti concesso da Commissione europea, Fondo monetario e Banca centrale europea, dopo aver presentato un piano di riforme per ridurre il suo debito.
Il 9 aprile Atene restituisce al Fondo monetario internazionale 45o milioni di euro, una parte del prestito ricevuto, alleviando i timori di chi pensava che la Grecia sarebbe diventato il primo paese sviluppato a non pagare i propri debiti con l’Fmi. Ma a maggio ricominciano i negoziati tra Grecia e creditori per sbloccare la seconda parte degli aiuti (7,2 miliardi di euro) dovuti ad Atene da Bruxelles nel piano approvato nel 2012, mentre il paese attraversa una grave crisi di liquidità che raggiungerà il suo apice a luglio. I creditori chiedono ad Atene una riforma delle pensioni, licenziamenti nel settore pubblico e regole più flessibili nel mercato del lavoro, ma il governo non vuole cedere per non contravvenire alle promesse fatte in campagna elettorale.
Il 30 giugno la Grecia non ripaga il prestito da 1,6 miliardi di euro al Fondo monetario internazionale ed è ufficialmente insolvente, intanto il 27 giugno Alexis Tsipras convoca un referendum per il 5 luglio in cui chiede ai cittadini se il governo deve accettare la proposta di accordo fatta ad Atene dai creditori internazionali. Con il 61,3 per cento dei voti vince il no. All’indomani della vittoria si dimette il ministro delle finanze Yanis Varoufakis, in teoria per rafforzare la posizione del premier al tavolo delle trattative. Al suo posto viene nominato Euclides Tsakalotos.
Il 13 luglio Atene trova un accordo con i creditori che permette di sbloccare la seconda parte degli aiuti. L’accordo causa molte defezioni all’interno del partito di governo e Tsipras si dimette. Sono convocate nuove elezioni il 20 settembre, che sono vinte per la seconda volta in un anno da Syriza, con il 35,5 per cento dei consensi, sette punti percentuali in più rispetto ai conservatori di Nea dimokratia (28,1 per cento).
Lo sciopero di oggi in tutta la Grecia è stato convocato dai sindacati, ma anche una parte di Syriza ha aderito alla manifestazione. Il partito di governo deve assumersi la responsabilità delle sue decisioni, altrimenti non farà altro che svilire la politica e i politici. Leggi
La vittoria di Syriza e di Alexis Tsipras alle elezioni greche è un netto successo, per il partito e per la strategia del suo leader. Ma troppi greci hanno disertato le urne, dimostrando che la fiducia dei cittadini nella capacità della politica di cambiare le cose si sta esaurendo. Leggi
Syriza ha vinto le elezioni in Grecia con il 35,5 per cento dei consensi, sette punti percentuali in più rispetto ai conservatori di Nea dimokratia (28,1 per cento). “Oggi la Grecia e il popolo greco sono sinonimo di lotta e dignità, e questa lotta la continueremo insieme per i prossimi quattro anni”, ha detto il leader e premier uscente Alexis Tsipras nel comizio della vittoria. Leggi
Malgrado tutto sembra che gli elettori greci abbiano deciso di dare a Tsipras una seconda possibilità. La vittoria di Syriza deve probabilmente molto al desiderio dei greci di farla finita coi governi di Nea dimokratia e del Pasok (socialisti), i due partiti che sono stati al potere per quarant’anni. Leggi
Il primo ministro greco uscente Alexis Tsipras ha vinto una nuova scommessa elettorale portando al governo il suo partito di sinistra (Syriza) per la seconda volta in un anno, con una vittoria molto netta. Tuttavia anche questa volta Tsipras non potrà governare senza formare una coalizione. Leggi
Dopo mesi di negoziati tra la Grecia e i suoi creditori internazionali, il premier dimissionario Alexis Tsipras dovrà affrontare nuove elezioni. Come siamo arrivati a questo punto? Guida al terzo voto politico del 2015 in Grecia, in programma il 20 settembre. Leggi
Syriza è ancora il primo partito in Grecia, ma ha perso consensi tra gli elettori. Lo stabilisce un nuovo sondaggio dell’istituto ProRata, pubblicato dal quotidiano greco Efimerida Ton Syntakton. Leggi
Le dimissioni del primo ministro Alexis Tsipras e la scissione del primo partito del parlamento di Atene aprono una nuova fase di incertezza politica per la Grecia. Quali sono le prossime tappe? Leggi
Venticinque ribelli di Syriza hanno formato un nuovo gruppo parlamentare e si preparano a fondare un nuovo partito in vista del voto anticipato chiesto da Alexis Tsipras che si è dimesso ieri. Leggi
Cinque parlamentari dell’ala radicale di Syriza voteranno contro al pacchetto di riforme che ieri sera il premier greco ha mandato ai creditori per convincerli a emanare un nuovo prestito. Secondo questi esponenti del partito di governo, le misure che andrebbero adottate sono troppo dure e lontane dal programma del partito. La corrente di Syriza più di sinistra è composta comunque da 40 parlamentari. Se solo cinque di loro respingeranno il piano, non dovrebbero mancare i numeri per l’approvazione.
Dopo l’ampia vittoria dei no al referendum di domenica scorsa, Tsipras ha rafforzato la sua posizione anche sul piano interno: i leader della minoranza – dimettendosi – gli hanno garantito il supporto dei parlamentari dell’opposizione. I numeri, quindi, non dovrebbero mancare. Paradossalmente, però, il primo ministro dovrà faticare di più a convincere parti del suo stesso partito ad accettare riforme che una settimana fa erano state giudicate inaccettabili e tacciate di “ricatto”. Anche gli alleati di governo di Anel (la destra nazionalista) sono indispettiti per i tagli alla difesa.
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