Un campo profughi allestito dalle Nazioni Unite a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, 19 ottobre 2023. (Mahmud Hams, Afp)

L’esercito israeliano ha intensificato nelle ultime ventiquattr’ore i bombardamenti nella Striscia di Gaza in preparazione di una probabile offensiva di terra. Secondo Hamas, nella notte tra il 23 e il 24 ottobre sono state registrate 140 vittime.

Intanto, la mattina del 24 ottobre il presidente francese Emmanuel Macron ha incontrato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e nel pomeriggio sarà ricevuto dal presidente palestinese Abu Mazen a Ramallah, in Cisgiordania. Successivamente Macron raggiungerà la capitale giordana Amman.

Durante il suo incontro con Netanyahu, Macron ha proposto che la coalizione internazionale nata nel 2014 per combattere il gruppo Stato islamico in Siria e in Iraq, di cui la Francia fa parte, “possa partecipare alla lotta contro Hamas”. Macron ha però sottolineato la necessità “di riprendere il dialogo con i palestinesi per trovare una soluzione politica”.

La sera del 23 ottobre Hamas ha rilasciato due donne israeliane rapite il 7 ottobre nel corso del suo attacco senza precedenti in Israele. Tre giorni prima erano state rilasciate una donna statunitense e sua figlia.

Una delle donne rilasciate il 23 ottobre, Yocheved Lifschitz, 85 anni, ha detto di essere stata picchiata brutalmente al momento del rapimento ma di essere stata trattata bene durante la prigionia, che è durata più di due settimane.

Senza scampo
Decenni di politiche israeliane hanno contribuito a creare una situazione insostenibile a Gaza. Fino all’esplosione della violenza terroristica di Hamas del 7 ottobre e alla nuova guerra

Secondo le autorità israeliane, il 7 ottobre Hamas ha rapito circa 220 persone. Più di 1.400 persone sono state uccise in Israele, quasi tutte il 7 ottobre e in grande maggioranza civili.

Il 24 ottobre le autorità di Hamas hanno affermato che il bilancio dei raid israeliani nella Striscia di Gaza è salito a 5.791 vittime, tra cui 2.360 bambini.

“Vogliamo smantellare Hamas”, ha affermato Herzi Halevi, il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, in un video pubblicato sul social network X la sera del 23 ottobre.

La Striscia di Gaza è sottoposta a un blocco terrestre, marittimo e aereo israeliano da quando Hamas – considerato un gruppo terroristico da Israele, dagli Stati Uniti e dall’Unione europea – ha preso il potere nel 2007.

Il territorio, che misura appena 362 chilometri quadrati e ha 2,4 milioni di abitanti, è anche sottoposto dal 9 ottobre a un “assedio totale” israeliano, che ha lasciato la popolazione senza cibo, acqua ed elettricità.

L’esercito israeliano ha ammassato decine di migliaia di soldati al confine con la Striscia di Gaza, ma l’offensiva di terra è ancora sospesa, probabilmente per il timore che gli ostaggi possano essere uccisi. L’offensiva sarebbe comunque complicata dal fatto che la Striscia è piena di tunnel dove Hamas nasconde combattenti e armi.

Gli aiuti dall’Egitto

Dal 15 ottobre più di un milione di palestinesi hanno lasciato le loro case nel nord della Striscia di Gaza per sfuggire ai bombardamenti e alla possibile offensiva di terra. Ma l’esercito israeliano continua a colpire anche il sud, vicino al confine con l’Egitto, dove centinaia di migliaia di profughi vivono ammassati in condizioni molto difficili.

Secondo le Nazioni Unite, più di 1,4 milioni di palestinesi hanno lasciato le loro case dall’inizio del conflitto.

Gli aiuti internazionali hanno cominciato ad affluire dall’Egitto attraverso il valico di Rafah, l’unico non controllato da Israele. Dal 21 ottobre sono arrivati circa cinquanta camion, ma secondo le Nazioni Unite dovrebbero essere almeno cento al giorno.

L’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, ha chiesto il 23 ottobre un “immediato cessate il fuoco umanitario”.

La tensione è alta anche nel nord d’Israele, al confine con il Libano, dove continuano gli scambi a fuoco tra l’esercito israeliano e Hezbollah, alleato di Hamas e sostenuto dall’Iran.

Secondo le Nazioni Unite, più di diciannovemila persone sono state costrette a lasciare le loro case in Libano, mentre Israele ha evacuato alcune località vicino al confine.