La commissione elettorale indonesiana ha confermato la vittoria del ministro della difesa Prabowo Subianto nelle elezioni presidenziali del 14 febbraio, già al primo turno, ma il suo principale rivale, Anies Baswedan, ha presentato ricorso alla corte costituzionale denunciando brogli.
Prabowo, un ex generale di 72 anni, ha ottenuto il 58,6 per cento dei voti, contro il 24,9 per cento di Anies Baswedan, ex governatore di Jakarta, e il 16 per cento di Ganjar Pranowo, ex governatore della provincia di Java Centrale.
Complessivamente circa 96 milioni di elettori hanno votato per Prabowo, ha affermato Hasyim Asyasi, presidente della commissione elettorale.
Il tasso di affluenza è stato dell’80 per cento, contro l’82 per cento del 2019.
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Prabowo, che ha un passato militare controverso, prenderà a ottobre il posto di Joko Widodo, soprannominato Jokowi, alla guida della principale economia del sudest asiatico. Il vicepresidente sarà Gibran Rakabuming Raka, figlio maggiore di Jokowi.
Prabowo si era già proclamato vincitore delle presidenziali la sera del 14 febbraio, dopo le prime proiezioni.
L’ex generale diventato uomo d’affari ha tratto grande beneficio dalla presenza al suo fianco del figlio di Jokowi. Il presidente uscente, che non poteva candidarsi a un terzo mandato, è infatti molto popolare nel paese.
“Un’elezione caratterizzata da brogli e irregolarità si tradurrà in un regime che promuoverà politiche ingiuste”, ha affermato Anies Baswedan dopo la proclamazione dei risultati, confermando il suo ricorso alla corte costituzionale.
Una parte consistente della popolazione apprezza la retorica nazionalista e populista di Subianto, ma altri temono un indebolimento delle istituzioni democratiche.
Subianto è stato infatti accusato di violazioni dei diritti umani negli anni novanta, all’epoca della dittatura di Suharto.
Alcune ong sostengono che l’ex generale abbia ordinato il rapimento di attivisti per la democrazia negli ultimi anni della dittatura. Lui ha più volte smentito le accuse e non è mai stato perseguito, ma per molti anni alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti e l’Australia, gli hanno negato il visto.