Il generale Mahamat Déby Itno è stato proclamato vincitore delle elezioni presidenziali del 6 maggio, tre anni dopo aver assunto il potere a capo di una giunta militare, ma il primo ministro Succès Masra, il candidato sconfitto, ha denunciato brogli.
Secondo i risultati ufficiali provvisori annunciati il 9 maggio dalla commissione elettorale, Déby, 40 anni, ha ottenuto il 61,03 per cento dei voti contro il 18,53 per cento di Masra, mentre il tasso di partecipazione è stato del 75,89 per cento. I risultati dovranno essere convalidati dal consiglio costituzionale, nominato da Déby.
Poco dopo l’annuncio dei risultati alcuni soldati hanno sparato dei colpi in aria davanti alla sede del partito di Masra nella capitale N’Djamena, in un gesto di gioia ma anche per prevenire eventuali proteste, secondo alcuni giornalisti dell’Afp presenti sul posto.
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Davanti al palazzo presidenziale i sostenitori di Déby hanno invece festeggiato la vittoria gridando, cantando e suonando i clacson delle auto.
Poco prima dell’annuncio della commissione elettorale Masra, un ex oppositore che si era riavvicinato al regime, aveva invece rivendicato la vittoria, accusando il campo presidenziale di aver truccato i risultati.
Aveva poi invitato i ciadiani a “non farsi rubare la vittoria” e a “radunarsi pacificamente per protestare”.
“Sono ora il presidente eletto di tutti i ciadiani”, ha affermato invece Déby in un breve discorso in tv.
Le elezioni presidenziali erano state indette per mettere fine, almeno in teoria, a tre anni di regime militare.
Il 20 aprile 2021, dopo aver governato il Ciad per oltre trent’anni, il presidente Idriss Déby Itno era stato ucciso dai ribelli nel corso di una sua visita al fronte. A quel punto quindici generali a lui fedeli avevano proclamato il figlio Mahamat presidente di un’autorità di transizione che avrebbe dovuto restare in carica per diciotto mesi.
La comunità internazionale aveva deciso di sostenerlo, anche perché il Ciad è considerato un pilastro della lotta contro i gruppi jihadisti attivi nella regione del Sahel.
Ma la giunta aveva poi prorogato la transizione di altri due anni e, secondo alcune ong, i militari avevano ucciso più di trecento persone che partecipavano a manifestazioni di protesta.
Tre giorni prima delle elezioni l’ong Federazione internazionale dei diritti umani aveva espresso la sua preoccupazione per “un’elezione che non sembra essere né credibile né libera né democratica”.