Scuole chiuse, voli cancellati, interruzioni di energia elettrica: il 3 giugno è cominciato in Nigeria uno sciopero a tempo indeterminato indetto dai sindacati dopo il fallimento dei negoziati con il governo per un aumento del salario minimo, in un contesto di grave crisi economica.
Secondo i mezzi d’informazione locali, i due sindacati principali – il Nigerian labour congress (Nlc) e il Trades union congress (Tuc) – hanno invitato i lavoratori a incrociare le braccia dopo che il governo ha rifiutato di aumentare il salario minimo oltre i 60mila naira al mese (circa 41 euro).
“Sì a un salario decente, no alla miseria”, hanno affermato i sindacati in un comunicato congiunto.
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Da quando è salito al potere un anno fa, il presidente Bola Tinubu ha revocato i sussidi per il carburante e le misure per tenere sotto controllo il valore della valuta locale, la naira, facendo triplicare il prezzo della benzina e aumentare il costo della vita, mentre la moneta nigeriana ha perso nei confronti del dollaro.
Tinubu ha chiesto ai lavoratori un po’ di pazienza per permettere alle riforme di dare i loro frutti, affermando che contribuiranno anche ad attirare gli investimenti stranieri.
Nella capitale Abuja gli uffici governativi, le stazioni di servizio e i tribunali sono rimasti chiusi, mentre lunghe code si sono formate fuori dai cancelli dell’aeroporto, hanno riferito i giornalisti dell’Afp.
I sindacati protestano anche contro l’aumento dei prezzi dell’elettricità.
Il sindacato dell’azienda elettrica nigeriana ha affermato di aver sospeso le forniture, causando dei blackout in tutto il paese.
Per evitare scontri il governo ha rafforzato la presenza delle forze di sicurezza nelle strade di Abuja.
Un giornalista dell’Afp ha riferito che nella metropoli di Lagos il tribunale del lavoro è rimasto chiuso e i bambini stavano tornando a casa a piedi dopo aver saputo che le scuole erano chiuse.
“I lavoratori, che sono la spina dorsale dell’economia del nostro paese, meritano salari equi e dignitosi che riflettano l’attuale realtà economica”, avevano affermato i sindacati in una dichiarazione congiunta emessa il 31 maggio.