Il 19 giugno un diplomatico arabo ha dichiarato all’Afp che almeno seicento fedeli egiziani sono morti a causa di un’ondata di caldo eccezionale, con temperature fino a 51,8 gradi, durante il pellegrinaggio annuale alla Mecca (hajj).
“Tutti i decessi sono dovuti al caldo”, ha precisato.
Il giorno prima due diplomatici arabi, che hanno chiesto di restare anonimi, avevano annunciato la morte di almeno 550 pellegrini in totale, tra cui 323 egiziani.
I due diplomatici hanno spiegato di aver ottenuto l’informazione dai responsabili della camera mortuaria di un ospedale del quartiere Al Muaisem alla Mecca.
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Il 18 giugno il ministero degli esteri del Cairo aveva affermato che “sono in corso operazioni di ricerca di egiziani dispersi durante l’hajj”, citando “un numero imprecisato di vittime”.
Il 16 giugno il ministero della salute saudita aveva dichiarato di aver curato più di 2.700 persone colpite da ipertermia (i cosiddetti colpi di calore), senza accennare ai decessi.
Secondo i due diplomatici, hanno perso la vita anche sessanta pellegrini giordani.
“Il problema è che ogni anno decine di migliaia di pellegrini partecipano all’hajj senza autorizzazione ufficiale, e quindi non hanno accesso alle strutture climatizzate”, ha dichiarato uno di loro. “Probabilmente il bilancio delle vittime egiziane è così alto perchè molti arrivano dall’Egitto senza autorizzazione”.
Pilastro dell’islam
Secondo le autorità saudite, quest’anno l’hajj ha attirato circa 1,8 milioni di musulmani, di cui 1,6 milioni dall’estero.
Il pellegrinaggio alla Mecca è uno dei cinque pilastri dell’islam e tutti i musulmani che ne hanno la possibilità dovrebbero compierlo almeno una volta nella vita.
È anche una fonte di prestigio per l’Arabia Saudita, il cui re porta il titolo di “custode delle due sacre moschee” della Mecca e di Medina.