Brasile, Colombia e Messico hanno insistito sulla necessità che Caracas renda pubblici i risultati dettagliati delle elezioni presidenziali, dopo la contestata rielezione del presidente Nicolás Maduro, mentre Washington ha messo in guardia da qualsiasi tentativo di arrestare i leader dell’opposizione. Ma Maduro ha annunciato la sospensione del social network X (ex Twitter) per dieci giorni.

I tre paesi, guidati da presidenti di sinistra come Maduro, “partono dal presupposto che il consiglio nazionale elettorale (Cne) sia l’organo legalmente incaricato di divulgare i risultati delle elezioni in modo trasparente”, si legge in una dichiarazione congiunta.

Dichiarano di aver preso atto del processo avviato dalla corte suprema (Tsj), a cui Maduro si è rivolto per far “convalidare” la sua vittoria, ma sottolineano che “è auspicabile consentire una verifica imparziale dei risultati, nel rispetto del principio fondamentale della sovranità popolare”.

Il 2 agosto il Cne ha ratificato la vittoria di Maduro con il 52 per cento dei voti, ma non ha reso pubblico il conteggio esatto dei voti, né i resoconti dei seggi elettorali, sostenendo di essere stato vittima di un hackeraggio informatico.

Secondo l’opposizione, che ha pubblicato i verbali ottenuti dai suoi scrutatori le elezioni sarebbero state vinte con il 67 per cento dei voti da Edmundo González Urrutia, che ha sostituito la leader dell’opposizione María Corina Machado, dichiarata ineleggibile.

L’opposizione e molti osservatori ritengono che l’hackeraggio della Cne sia un’invenzione del governo per evitare di dover pubblicare i risultati reali dei seggi elettorali. Sia il Cne sia il Tsj sono considerati sotto il controllo del governo.

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Secondo le Nazioni Unite, circa sette milioni dei 30 milioni di venezuelani che hanno lasciato il paese nell’ultimo decennio a causa della crisi economica e politica del Venezuela si sono diretti verso i paesi dell’America Latina e gli Stati Uniti.

Di fronte a centinaia di sostenitori nel centro di Caracas, il presidente Maduro ha annunciato la sospensione della rete X (ex Twitter) per dieci giorni. “Nessuno mi metterà a tacere, affronterò lo spionaggio dell’impero tecnologico. Elon Musk (…) ha violato tutte le regole del social network Twitter, ora X, e le ha violate incitando all’odio e al fascismo”, ha dichiarato Maduro, che accusa spesso il miliardario americano di organizzare complotti contro di lui.

Il 5 agosto il presidente ha annunciato il suo ritiro da WhatsApp e allo stesso tempo ha denunciato i social network per avere tentato un “colpo di stato criminale e cyberfascista” sulla scia della sua elezione.

Maduro e le autorità venezuelane hanno ripetutamente accusato Musk di aver partecipato al “massiccio attacco informatico” alla Cne, secondo le parole della vicepresidente Delcy Rodríguez, che ha criticato “la dittatura dei social network” e che cerca di “sostituire la volontà popolare dei governi eletti dai cittadini”.

Davanti a un gruppo di diplomatici Maduro ha anche attaccato la comunità internazionale: “C’è un’isteria internazionale sui risultati elettorali, potrebbero perfino fare una serie Netflix”.