Si è aperto il 4 novembre a Parigi il processo a otto adulti accusati di aver contribuito alla campagna d’odio che ha portato all’omicidio nel 2020 di Samuel Paty, un insegnante di storia e geografia di 47 anni.

Naïm Boudaoud, 22 anni, e Azim Epsirkhanov, un russo di origine cecena di 23 anni, sono gli unici incriminati per complicità in un omicidio di natura terroristica, un reato punibile con l’ergastolo.

Sono infatti accusati di aver accompagnato l’autore dell’omicidio in una coltelleria di Rouen, a nordovest della capitale.

Paty era stato accoltellato e decapitato il 16 ottobre 2020 vicino alla sua scuola nella regione di Parigi.

L’autore dell’omicidio, Abdoullakh Anzorov, un islamista radicale russo di origine cecena di 18 anni, era stato ucciso dalla polizia poco dopo l’attacco.

Prima di essere assassinato, Paty era stato oggetto di un’intensa campagna di molestie informatiche, cominciata dopo che una studente di 13 anni l’aveva accusato ingiustamente di discriminare i musulmani.

98 testimoni

La corte d’assise speciale di Parigi, composta esclusivamente da magistrati di ruolo, ha dedicato la prima udienza alla convocazione dei testimoni.

In tutto saranno 98, tra cui la studente di 13 anni, allieva di Paty, che aveva formulato la falsa accusa – quel giorno era assente – secondo cui l’insegnante aveva chiesto agli alunni musulmani di lasciare l’aula prima di mostrare alcune vignette del profeta Maometto.

Lei e altri cinque ex alunni di Paty sono stati condannati nel 2023 dal tribunale dei minori di Parigi a diciotto mesi con la condizionale per calunnia.

A parte Boudaoud ed Epsirkhanov, gli altri sei imputati sono accusati di partecipazione a un’associazione criminale terroristica, un reato punibile con trent’anni di prigione.

Tra loro ci sono Priscilla Mangel, 36 anni, l’unica donna sotto processo, che si è convertita all’islam a 16 anni, e Brahim Chnina, un marocchino di 52 anni, padre della studente di 13 anni.

Un martello nello zaino

Il processo, che si concluderà il 20 dicembre, sarà anche l’occasione per rievocare la figura di Samuel Paty, un “uomo solo, spaventato e disperato”, secondo i giudici istruttori.

“Sono stato minacciato dagli islamisti locali”, aveva scritto ai suoi colleghi il 10 ottobre 2020, quattro giorni dopo aver tenuto la sua lezione sulla libertà d’espressione. Non aveva ricevuto protezione dalla polizia.

Dopo l’omicidio nel suo zaino era stato trovato un martello, a dimostrazione del suo senso d’insicurezza.

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