Il 24 dicembre sono scoppiate diverse manifestazioni nei quartieri cristiani di Damasco per protestare contro l’incendio di un albero di Natale vicino ad Hama, nella Siria centrale.
“Chiediamo che i diritti dei cristiani siano rispettati”, hanno cantato all’unisono i manifestanti, mentre marciavano per le strade di Damasco, verso la sede del patriarcato ortodosso a Bab Charqi.
Arrivati spontaneamente da diversi quartieri, si sono riuniti per esprimere il loro malcontento e le loro paure più di due settimane dopo la presa del potere da parte di una coalizione armata guidata da islamisti che ha deposto l’ex presidente siriano Bashar al Assad.
“C’è molto settarismo e ingiustizia contro i cristiani, sotto la copertura di ‘casi isolati’”, ha detto Georges all’Afp. “Se non ci è permesso di vivere la nostra fede cristiana nel nostro paese, come in passato, allora non abbiamo più il nostro posto qui”, ha aggiunto.
Alcuni di loro portavano croci di legno, altri issavano la bandiera dell’indipendenza siriana a tre stelle, adottata dalle nuove autorità.
Queste manifestazioni sono scoppiate dopo che sui social network è stato diffuso un video in cui dei miliziani incappucciati davano fuoco all’albero di Natale nella città a maggioranza cristiana ortodossa di Souqaylabiya, vicino a Hama.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdh), i miliziani erano stranieri del gruppo jihadista Ansar al Tawhid.
In un altro video diventato virale sui social media, si vede un religioso del gruppo islamico radicale al potere Hayat Tahrir al Sham (Hts) rivolgersi ai residenti, dicendo che gli autori di queste azioni erano “non siriani” e promettendo che saranno puniti.
“L’albero sarà restaurato e illuminato entro domani mattina”, ha assicurato, insieme ai sacerdoti e tra gli applausi dei residenti che scandivano slogan cristiani.
Unificare il Paese frammentato da anni di guerra sanguinosa e dove ci sono molte fazioni e molte minoranze religiose rimane una sfida per il gruppo che ha preso il potere.
Hayat Tahrir al Sham (Hts), un gruppo che un tempo era affiliato ad Al Qaeda, afferma di aver rinunciato al jihadismo e di aver adottato posizioni più moderate, anche perché sa che è sotto esame da parte di tutto il mondo per il modo in cui tratterà le minoranze del paese: in particolare i cristiani, gli alawiti e i curdi.
Hts si trova tuttavia a confrontarsi con la presenza di numerosi combattenti stranieri, soprattutto provenienti dall’Asia centrale, che si erano uniti alle sue file o a quelle di altre fazioni islamiste e jihadiste durante il conflitto cominciato nel 2011 e continuano a rappresentare una grande sfida per l’organizzazione.