Nel 2017 i rimpatri di cittadini stranieri espulsi perché secondo la legge erano in Italia irregolarmente sono stati 6.514. Nel 2018 – fino al 31 ottobre – sono stati 5.306, circa 530 persone al mese.
Nonostante un investimento cospicuo del governo italiano in questo tipo di procedure e l’intenzione più volte annunciata d’incrementarle, il numero delle persone rimpatriate rimane piuttosto basso e in diminuzione rispetto agli anni precedenti.
I motivi sono diversi e riguardano i costi delle operazioni e la mancanza di accordi bilaterali di riammissione con i paesi di origine, se si fa eccezione di alcuni come la Tunisia, il Marocco, la Nigeria.
L’integrità della persona
Dai primi mesi del 2016, l’ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale monitora i voli di rimpatrio perché siano rispettati i diritti di chi è coinvolto in queste operazioni. “L’integrità della persona e la sua dignità sono il perno intorno al quale gira il nostro sistema”, dice il Garante nazionale Mauro Palma, presentando al senato il rapporto su due anni di attività.
“Nella nostra attività abbiamo cercato di avere uno sguardo critico su operazioni spesso problematiche, che mettono in gioco la sofferenza esistenziale delle persone”, continua Palma. “Quello che a noi preme è che siano rispettati i diritti fondamentali anche in una situazione in cui la persona è allontanata dal territorio nazionale”, aggiunge. Per spiegare il sistema di garanzie giuridiche che sono fondamentali in ogni democrazia, Palma evoca il caso della nave Diciotti della guardia costiera italiana che in agosto non è stata autorizzata a entrare nel porto di Catania dal ministero dell’interno per diversi giorni. Il garante all’epoca aveva definito “inaccettabile” la situazione.
“Ci sono state molte polemiche negli ultimi tempi, ma per noi la ragione giuridica ha il primato sulla ragione politica”, conclude Palma, che con il suo ufficio ha monitorato nei due anni passati 22 voli di rimpatrio forzato organizzati tramite charter, di cui 15 per la Tunisia e sette per la Nigeria. Non sono ancora cominciati, invece, i monitoraggi sui voli di linea.
L’Italia era stata richiamata dall’Unione europea nel 2014 per non essersi adeguata alla direttiva rimpatri 115 del 2008 e per non avere adottato un sistema di controllo e monitoraggio dei voli di rimpatrio. Nel 2016 il sistema è stato istituito ed è stato affidato al Garante nazionale, che si avvale della collaborazione dei garanti regionali, in particolare per monitorare le fasi precedenti alla partenza nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) o le procedure durante gli scali aeroportuali.
Come funzionano i rimpatri
Appena il Garante nazionale ha notizia di un volo di rimpatrio decide senza preavviso se operare dei controlli, come è successo il 10 gennaio 2018 quando ha deciso di monitorare un charter organizzato da Frontex che sarebbe partito qualche giorno dopo da Roma diretto a Lagos, in Nigeria, con circa 50 cittadini nigeriani a bordo, tra cui cinque cittadini nigeriani espulsi dal Belgio e un altro espulso dalla Svizzera.
Il garante regionale della Puglia, Pietro Rossi, con due collaboratori è andato al Cpr di Bari il 17 gennaio alle 17 per esaminare tutti i fascicoli delle 25 persone in lista per il rimpatrio. Poiché era emerso che due persone in procinto di essere espulse non avevano ancora una situazione definitiva, il responsabile del Cpr ha deciso di sospendere il loro rimpatrio. Alle 21 è stata annunciata la partenza per 24 persone, ma senza specificare la destinazione finale del loro viaggio.
Dopo alcuni controlli di sicurezza, gli effetti personali che erano stati sequestrati al momento dell’ingresso nel Cpr sono stati messi all’interno di sacchetti di plastica di solito usati per l’immondizia, e su ogni sacchetto è stato affissa un’etichetta di carta con una scritta identificativa. I migranti non erano stati informati che i loro averi sarebbero stati consegnati ai poliziotti, per questo durante la fase preparatoria c’è stata molta tensione.
Alle persone che erano in procinto di partire erano stati consegnati anche dei panini per il viaggio, ma senza informarli che sarebbe stato l’unico pasto distribuito per le successive sette ore: molti di loro l’hanno consumato subito, rimanendo a digiuno per le ore successive. I 24 cittadini nigeriani sono stati fatti salire su un pullman che li ha portati al Cpr di Ponte Galeria, a Roma, dove sono arrivati alle 9 del giorno successivo. A Ponte Galeria intanto tre donne sono state informate della loro imminente partenza: una di loro era una richiedente asilo in fase di ricorso. Quando la donna ha detto al Garante di aver fatto ricorso e ha mostrato la certificazione, il funzionario ha segnalato la situazione ai responsabili del Cpr e ha insistito perché si sospendesse il rimpatrio per non incorrere in una violazione dei diritti fondamentali.
La donna era infatti molto giovane e proveniva dallo stato di Edo, da dove provengono molte delle donne nigeriane vittime di tratta. Anche per questo motivo il Garante ha raccomandato ai funzionari di considerare una sospensione. All’aeroporto di Fiumicino intanto era arrivato il charter affittato da Frontex con a bordo alcuni nigeriani trasferiti dal Cpr di Torino e gli altri arrivati dal Belgio e dalla Svizzera.
Il volo è decollato da Roma Fiumicino intorno alle 13, con momenti di tensione. Sul volo sono state imbarcate 38 persone, cittadini nigeriani espulsi dall’Italia, di cui 36 uomini. Dieci provenivano dal Cpr di Torino, 24 da Bari, due da Brindisi e due donne dal Cpr di Roma, mentre altri cinque – tre uomini e due donne – erano stati espulsi dal Belgio, e uno dalla Svizzera. Sull’aereo erano presenti 115 poliziotti di scorta, due medici e due infermieri. Tutto il personale impiegato nell’operazione a bordo dell’aereo non era armato, né in divisa. E non erano presenti né interpreti né mediatori culturali.
Tre forme di espulsione
Quando un cittadino straniero soggiorna in maniera irregolare sul territorio italiano può essere espulso in tre modi diversi: attraverso il ritorno volontario, attraverso il rimpatrio con mezzi propri o infine attraverso l’accompagnamento coatto nel paese di origine. Secondo la direttiva europea 115/2008 sui rimpatri, dovrebbero essere favoriti i ritorni volontari, ma in realtà quasi tutti gli irregolari sono espulsi con un foglio di via che gli ordina di lasciare il paese con mezzi propri nell’arco di pochi giorni.
Gli accompagnamenti coatti nel paese di origine sono pochi perché arrivano a costare anche ottomila euro per persona e perché per ogni rimpatriato devono essere impiegati almeno due agenti di sicurezza. I rimpatri forzati avvengono di solito usando dei voli commerciali o con dei voli charter ad hoc, in alcuni casi organizzati da Frontex. I voli charter partono da Roma, da Palermo o da Torino, si tratta di aerei noleggiati dal ministero dell’interno che sono impiegati per questo tipo di operazioni. Con i voli charter monitorati dal garante sono state rimpatriate collettivamente un minimo di undici persone e un massimo di 43 sullo stesso volo.
I voli per la Nigeria partono da Roma e arrivano a Lagos, mentre i voli per la Tunisia partono da Roma e fanno un primo scalo a Palermo o a Lampedusa, poi sempre uno scalo a Palermo per un colloquio con il console prima di arrivare ad Hammamet. Il prefetto Massimo Bontempi, direttore della direzione centrale immigrazione e polizia di frontiera, ha detto che sul territorio nazionale, a partire dal 1 gennaio 2018 fino al 4 novembre 2018, la polizia ha individuato 28.659 immigrati irregolari: 6.820 sono stati respinti alla frontiera, mentre 5.323 sono stati rimpatriati in maniera forzata (669 casi sono stati monitorati dal garante). In tutto nel 2018 ci sono state 1.100 operazioni di rimpatrio, di cui 63 con voli charter, in cui sono stati impiegati 7.261 operatori. Dati in linea con le operazioni condotte nello stesso periodo dell’anno precedente (2017).
Le critiche e le raccomandazioni del garante
Il Garante ha da poco inviato alla polizia un rapporto che raccoglie le osservazioni e le raccomandazioni formulate in seguito alle operazioni di rimpatrio monitorate tra il dicembre del 2017 e il giugno del 2018. In particolare ha riscontrato una mancanza di comunicazione con le persone che subiranno il rimpatrio, e l’assenza sui voli di mediatori e traduttori in grado di informarle durante le diverse fasi del viaggio.
Inoltre non sempre la partenza è comunicata in anticipo, come invece dovrebbe avvenire, in modo che il migrante possa avvertire i familiari e gli avvocati o comunque persone di fiducia. Queste comunicazioni dovrebbero riguardare tutte le diverse fasi del viaggio, anche gli eventuali scali. Le persone soggette a rimpatrio dovrebbero essere informate delle “diverse fasi del viaggio, dei tempi di permanenza negli scali, del luogo e l’orario di arrivo, della possibilità di utilizzo di misure coercitive in caso di necessità”.
Secondo il Garante, il ricorso a misure coercitive nel corso delle operazioni di rimpatrio forzato dovrebbe essere solo una “misura di ultima istanza” e “solo in casi di stretta necessità per coloro che rifiutano o si oppongono all’allontanamento, o ancora in caso di serio pericolo di fuga o di danno all’integrità fisica della persona o di terze persone”. Dovrebbe quindi essere evitato l’uso sistematico della coercizione.
Il Garante raccomanda di eseguire visite mediche su chi sarà rimpatriato, soprattutto se il viaggio deve svolgersi in ore notturne e prevede diversi spostamenti. Deve essere accertata la sua età, soprattutto quando esiste il dubbio che possa trattarsi di un minorenne, poiché questo caso si rischia di “violare i diritti fondamentali dei minori garantiti dalle convenzioni internazionali”.
In particolare si dovrebbe applicare la legge Zampa sui minori stranieri non accompagnati e andrebbero messe in atto tutte le garanzie a questo riguardo.
Il Garante chiede di incoraggiare il rimpatrio volontario e di fare ricorso ai rimpatri forzati solo in via eccezionale, molto costosi sul piano materiale e umano e ad alto rischio di violazione dei diritti fondamentali.
Il Garante ha chiesto di monitorare le persone rimpatriate anche dopo l’arrivo nel paese di origine e a questo scopo ha sottolineato la necessità di creare una rete internazionale di organizzazioni che possano compiere questi controlli anche una volta “che il rimpatriato è sceso dalla scaletta dell’aereo”.
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