Il presidente cileno Gabriel Boric ha detto di voler riportare sotto il controllo dello stato le risorse nazionali di litio. Il suo piano, che ammette la possibilità d’investimenti privati, è stato criticato duramente dalle aziende del settore. Boric ha difeso la decisione, sostenendo che l’estrazione e la gestione pubblica del metallo – essenziale per la decarbonizzazione del pianeta e per la crescita della mobilità elettrica – devono essere alla base di “un nuovo modello di sviluppo nazionale. È l’industria del litio a dover essere al servizio delle persone, non il contrario”.

Il piano di Boric prevede la creazione di un’azienda nazionale per il litio, per la quale però serve il via libera del parlamento, controllato dalla destra. Inoltre il piano comporta la necessità di rinegoziare a breve termine i contratti con la cilena Sqm e la statunitense Albemarle, due aziende che hanno concessioni (fino al 2030) per sfruttare le risorse del Salar de Atacama, dove c’è il più importante giacimento di litio nel paese.

Le due imprese producono complessivamente il 30 per cento del litio estratto a livello mondiale.

Nove miliardi

L’attività mineraria è sempre stata fondamentale per l’economia cilena e ha generato profitti enormi, dal salnitro nell’ottocento al rame nel novecento. Ma lo sfruttamento intensivo delle risorse non ha mai portato all’industrializzazione del paese né ha creato uno sviluppo economico sostenibile.

“Come è successo in passato con altri minerali, oggi il litio ci offre una grande occasione di crescita”, ha detto Boric. “Stavolta dobbiamo fare scelte diverse. Dobbiamo pensare al benessere di tutti i cileni. Dobbiamo fare in modo che la ricchezza del nostro territorio sia distribuita meglio, e per farlo c’è bisogno che lo stato sia presente in tutte le fasi del ciclo produttivo”. Ricardo Mewes, alla guida della Confederazione per la produzione e il commercio (Cpc), ha detto di essere rimasto sorpreso dalla decisione di Boric: “Speravamo che ci fosse una reale partecipazione privata, mentre il presidente ha sostanzialmente annunciato che lo stato controllerà qualsiasi impresa creata per lo sfruttamento del litio”.

Mewes ha definito “un controsenso” che lo stato chieda capitali agli investitori privati senza concedergli la possibilità di controllare il modo in cui saranno spesi. La pensa così anche Richard von Appen, presidente dalla Sociedad de Fomento Fabril (Società di promozione manifatturiera). “In questo modo il settore privato viene messo in secondo piano, mentre noi pensiamo che la cooperazione tra pubblico è privato sia essenziale per lo sviluppo del paese”.

Il Cile è il secondo produttore mondiale di litio e il terzo per dimensione delle riserve, con 9,6 milioni di tonnellate. Nel 2022 l’industria di questo metallo ha prodotto profitti per nove miliardi di dollari. ◆ as

Da sapere
Esperimenti passati

◆ Il tema della gestione delle risorse naturali è tornato d’attualità in America Latina negli ultimi anni, con i politici di sinistra che sono arrivati al potere in vari paesi. Il 18 febbraio 2023 il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador ha firmato un decreto per la nazionalizzazione dei giacimenti di litio. Il provvedimento prevede la creazione di una riserva di 234 milioni di ettari nella zona di Sonora, uno stato del nordovest al confine con gli Stati Uniti, dove c’è la più grande miniera di litio del mondo. López Obrador ha detto che il litio che si trova in territorio messicano non deve essere sfruttato “né dalla Russia né dalla Cina né dagli Stati Uniti”. Come il piano cileno, anche quello messicano contempla la possibilità di investimenti stranieri, ma il governo resterà il principale azionista.

◆ Il primo paese latinoamericano a nazionalizzare il litio è stata la Bolivia nel 2008. Il presidente Evo Morales voleva creare un’industria di batterie e auto elettriche entro il 2015 e trasformare il suo paese in un grande esportatore. Secondo la maggior parte degli esperti, la sua strategia è fallita perché la Bolivia non aveva le risorse umane e tecnologiche necessarie. Reuters, Bbc


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Questo articolo è uscito sul numero 1509 di Internazionale, a pagina 26. Compra questo numero | Abbonati