Il 14 agosto i taliban avevano deciso di non entrare subito a Kabul e di aspettare l’evacuazione dei diplomatici e delle truppe occidentali. Ma l’indomani l’improvvisa partenza del presidente afgano Ashraf Ghani ha portato al collasso ciò che restava della polizia e dell’esercito e ha creato un vuoto che i taliban hanno deciso di riempire subito. Nei prossimi giorni i taliban dovrebbero prendere ufficialmente le redini del governo con una sorta di trasferimento di poteri organizzato da una delegazione di dirigenti politici di Kabul. Anche se potrebbero adottare nuovamente l’etichetta di “emirato”, sembra che il loro piano sia creare un governo con caratteristiche leggermente diverse. I taliban avevano cominciato a discutere di un governo provvisorio con gli statunitensi tra il 2018 e il 2019, e puntavano a occupare un terzo di tutte le posizioni di potere. Ma il piano del governo ad interim non è decollato. L’amministrazione Ghani ha invece optato per il confronto militare, sperando di dimostrare ai taliban che la Repubblica islamica d’Afghanistan era salda. La prima serie di combattimenti, tra l’ottobre e il novembre 2020, non è però andata bene. Poi ad aprile la decisione di Joe Biden di ritirare le truppe ha ridotto drasticamente l’influenza di Kabul. Alla fine di aprile i taliban esigevano già una quota di potere del cinquanta per cento. Anche in quel caso Ghani ha rifiutato di piegarsi all’idea di un governo ad interim e ha deciso di puntare sulla capacità delle sue forze di sicurezza di contenere i taliban e di costringerli ad accettare di negoziare direttamente con lui.

Come ormai è chiaro a tutti, l’esito è stato disastroso. Ogni residua influenza che il governo Ghani poteva ancora esercitare in aprile, quando le capacità delle forze militari erano ancora poco note, è svanita. I taliban non dovranno negoziare la forma del futuro governo con una controparte. Saranno loro a deciderla. È il prezzo della sconfitta. La decisione di Ghani di verificare il potere dei taliban sul campo è stata sconsiderata. Le forze armate afgane avevano già mostrato, alla fine del 2020 e all’inizio del 2021, poca volontà di combattere per il controllo delle autostrade chiave, che quando i taliban hanno cominciato ad avanzare all’inizio di maggio erano già in gran parte sotto il loro controllo. Ed è probabile che, se un esercito non combatte per controllare le sue linee di approvvigionamento, non combatterà per molto altro. È stato un disastro annunciato, anche se la sua rapidità ha sorpreso tutti. L’amministrazione Biden ha cercato di spingere Ghani ad accettare il governo provvisorio. Ha dovuto fare i conti con una forte resistenza e sembra che l’abbia perfino minacciato di sospendere i finanziamenti, ma alla fine ha desistito. Potrebbe essere stato questo il principale errore di Biden.

Il costo per le donne

Recentemente i taliban hanno lasciato intendere che vorrebbero adottare la costituzione del 1964 come base per una nuova carta. Potrebbe essere un segnale positivo, dato che la costituzione del 1964 in passato è stata considerata l’inizio del decennio di democrazia in Afghanistan. Ma quel testo non menziona i partiti e prevede un governo monarchico. Bisognerà anche vedere quali “aggiornamenti” i taliban vorranno apportare.

I taliban sembrano intenzionati a coinvolgere figure del precedente regime, con le quali hanno stretto accordi nei mesi scorsi. Tra i più noti, l’ex ministro degli esteri Salahuddin Rabbani, l’ex presidente Hamid Karzai e l’ex vicepresidente Karim Khalili. Anche alcuni partiti e gruppi islamici, come Hizb-i Islami, guidato da Gulbuddin Hekmatyar, hanno stretto accordi con i taliban e faranno probabilmente parte del futuro governo. I taliban hanno anche contattato tecnocrati e burocrati di medio livello e hanno cominciato ad assumere esperti militari, in grado di far funzionare attrezzature complesse.

Nessuno dei partner della futura coalizione si è mai dato molto da fare per i diritti delle donne. Inizialmente hanno opposto una resistenza attiva, ma alla fine hanno convissuto senza troppi problemi con le leggi progressiste della Repubblica islamica, aiutati dal fatto che la loro applicazione è stata limitata per lo più alle città. È quasi sicuro che le leggi attuali saranno abrogate, ma non è chiaro quanto indietro i taliban cercheranno di portare le lancette. Per ora nelle aree appena conquistate i taliban hanno introdotto le stesse regole in vigore nelle zone rurali che controllano dal 2003: istruzione femminile solo nella scuola primaria, programmi scolastici censurati, donne impiegate solo nei servizi essenziali come istruzione e sanità, nessuna promiscuità di maschi e femmine, divieto per le donne di uscire di casa da sole, imposizione del burqa, niente tv, niente musica, frequentazione obbligatoria delle moschee. Se mai i taliban si discosteranno da questa linea, lo faranno in maniera limitata, almeno inizialmente. Dovranno anche affrontare la questione della partecipazione femminile alla politica. Gli alleati islamisti e sufi potrebbero esercitare una certa influenza moderatrice, convincendoli per esempio a non reintrodurre su larga scala il burqa.

Nel complesso, tuttavia, le preoccupazioni principali del futuro governo saranno pragmatiche: dovrà gestire le relazioni con i paesi vicini (Pakistan, Iran, Russia, Uzbekistan, Turkmenistan e Cina), la maggior parte dei quali ha già rapporti con i taliban ma non si fida completamente. Il nuovo governo lotterà per tenere a galla l’economia e per mantenere la fornitura di servizi essenziali, sospesa in gran parte del paese durante l’avanzata verso Kabul.

La riorganizzazione istituzionale dell’Afghanistan dipenderà dalla stabilità della nuova coalizione. I vari partiti islamici, che spesso rappresentano interessi regionali e settari, saranno in grado di cooperare con i taliban più conservatori? I taliban hanno già lasciato intendere che vorrebbero un consiglio di alti ecclesiastici che verifichi la conformità alla legge religiosa di leggi e decreti. Dato che la maggior parte dei paesi vicini vuole la stabilità, almeno per ora è improbabile che attori esterni sfruttino eventuali crepe nella futura coalizione per creare fratture. Allo stesso modo gli sconfitti del 2021 faticheranno a trovare sostegno nell’avvio di una resistenza. Se il nuovo governo includerà alleati dei paesi vicini, sarà l’inizio di una nuova fase nella storia del paese. ◆ ff

**Antonio Giustozzi **è un esperto di sicurezza e gruppi jihadisti e insegna al King’s college di Londra.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1423 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati