La Colombia è un paese abituato a usare la musica per rispondere alla violenza, lungo la linea sottile che separa l’esaltazione dalla morte. Durante le proteste antigovernative cominciate alla fine di aprile, in cui sono morti almeno cinquanta civili, la musica è diventata una delle armi più efficaci per criticare le misure economiche imposte dal governo. Una nuova raffica di canzoni di protesta a ritmo di salsa, rap o champeta si fa strada e risuona tra le migliaia di giovani che si sono riversati nelle piazze.
Il paese ha esportato musicisti come Shakira, Juanes, J Balvin o Maluma, capaci di segnare l’educazione sentimentale di milioni di ragazzi e ragazze oltre le frontiere colombiane. Alcuni artisti famosi hanno espresso il loro parere su quello che sta succedendo in Colombia. Una è Shakira: “Chiedo al governo del mio paese di prendere provvedimenti immediati per fermare le violazioni dei diritti umani e rimettere il valore della vita umana al di sopra di qualsiasi interesse politico”. Ma sono i musicisti anonimi e altri noti solo a livello locale a dare corpo alle denunce contro la repressione.
Dare voce alla gente comune
Gli artisti hanno messo a disposizione i propri profili sui social network come piattaforme per dare forza alle proteste. Per più di due settimane la cantante Adriana Lucía ha trasmesso in diretta a beneficio di più di un milione di follower. Lucía ha rifiutato un invito del presidente Iván Duque per un incontro nella sede del governo. “Non si tratta di me, ma delle persone che stanno lì fuori. Ci sono comunità che aspettano da anni di essere ascoltate, non sarò io a occupare quel posto, che non mi spetta. Ci sono molte madri che piangono i loro figli, uccisi in modo violento”, ha dichiarato l’artista, che ha invitato invece Duque ad avviare un dialogo pubblico e trasparente.
Alle prese di posizione dei musicisti colombiani si sono aggiunte quelle degli artisti internazionali.
Il portoricano Residente ha partecipato ad alcune dirette su Instagram chiedendo aiuto alle organizzazioni per la difesa dei diritti umani: “Farò tutto il possibile affinché il messaggio arrivi alle Nazioni Unite e alle persone che devono e possono dare una mano”.

Considerando la geografia intricata della Colombia e la varietà delle manifestazioni è difficile individuare un inno che unisca tutti i manifestanti.
A Cali, uno degli epicentri delle proteste, il salsa choke (un mix di salsa e suoni urbani, espressione dei quartieri popolari degli afrodiscendenti) scandisce il ritmo di una denuncia che si concentra sulle forze dell’ordine. Los tombos son unos hp vaya vaya _(Gli sbirri sono figli di puttana), di AndressDj, El Flaco & Su Ponche parla della manifestazione come una festa (rumba) rovinata dagli agenti di polizia (tombos), ed è diventata un inno in alcune frange della protesta. Dalla regione sud-occidentale della Colombia viene anche _El pueblo no se rinde, carajo (Il popolo non si arrende, cazzo), un canto che oggi viene intonato in tutto il paese.
“C’è un’esplosione di creatività, con centinaia di nuove canzoni”, sottolinea il produttore Iván Benavides, ideatore di progetti musicali come quelli di Carlos Vives, Sidestepper, Aterciopelados e ChocQuibTown. Secondo Benavides tra i lavori più validi ci sono quelli di Edson Velandia e Adriana Lizcano. Velandia è originario di Piedecuesta, una città di 150mila abitanti nella Colombia nordorientale, autore di un mix tra musica campesina e contenuti umoristici conosciuto come rasqa. Ha prodotto canzoni come El infiltrao, Todo regalao _o _El desolvido.
L’Himno deconstruido è una nuova versione dell’inno nazionale colombiano unito alla celebre marcia imperiale della saga di Star wars
“È giusto sottolineare la qualità della produzione di molti musicisti giovani che non cercano un riconoscimento, ma s’identificano con il movimento e lavorano da casa collaborando con altri”, afferma il giornalista musicale Carlos Solano. Secondo Solano si tratta della riproposizione di un genere di protesta già emerso in passato in America Latina.
Dirigere un’orchestra
Il malcontento sociale diffuso ha fatto sì che si moltiplicassero le canzoni e le mobilitazioni a tempo di record, con eventi a cui hanno preso parte moltissime persone come Un canto por Colombia, concerto itinerante con gli artisti che si esibiscono a bordo di camion, cominciato con le proteste del 2019. Gli organizzatori stanno pensando di riproporre l’iniziativa.
Le forme di espressione sono varie. Si va dai cacerolazos (proteste rumorose) sinfonici ai concerti virtuali, come il Desconcierto Nacional a Bogotá e Medellín. “Vivere in questo paese è sempre più difficile”, sottolinea Susana Gómez, più conosciuta come Susana Boreal, direttrice della Revolucionaria orquesta sinfónica. Boreal ha riunito duecento musicisti con strumenti e partiture davanti a centinaia di persone che gridavano “El pueblo unido jamás será vencido”.
Detta anche “la direttrice d’orchestra della protesta”, Boreal racconta che non si è trattato di un evento organizzato. “È stata un’idea del trombettista Juan Ernesto Arias, che ci ha inviato un messaggio vocale emozionante. Nella stessa giornata i compositori ci hanno mandato alcuni arrangiamenti e abbiamo lanciato l’invito attraverso WhatsApp e Telegram. La sera stessa sono arrivate le partiture”.
Ciò che è accaduto il giorno successivo è stato uno dei momenti emblematici delle proteste in Colombia ed è sfociato nell’Himno deconstruido, una nuova versione dell’inno colombiano con l’aggiunta della celebre marcia imperiale della saga di Star wars. “È un inno che contiene qualcosa di ciò che stiamo vivendo, come un velo di orrore e sangue, ma parla anche di ricostruzione”, spiega Boreal. “Noi musicisti abbiamo passato un periodo nero durante la pandemia, e continueremo a manifestare perché, come si dice, ‘ci hanno portato via tutto, compresa la paura’. Non abbiamo più niente da perdere”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1415 di Internazionale, a pagina 75. Compra questo numero | Abbonati