Mentre finivo la traduzione italiana di The book of love, il colossale fantasy letterario di Kelly Link, di prossima uscita per Mercurio, sono ripartita dalle premesse del libro: studiando John Cage e i suoi scritti, l’autrice ha stabilito che fosse una specie di mago. E così ha trasformato i componenti di una band immaginaria in creature dotate di poteri a volte illimitati: è una ripresa del tema della divinità delle rockstar, ma con risvolti meno messianici e più di comunità, in linea con la sensibilità di una nuova generazione.

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Nel romanzo non si parla dell’intelligenza artificiale come strumento più prossimo alla magia – pronunci incantesimi sotto forma di prompt e ottieni prodotti e immagini che incarnano o comunque sfiorano l’intento originario – ma mi pare che in ambito musicale le canzoni dell’estate possano nascere sempre di più da generatori orientati alla nostalgia. Per esempio, sono convinta di aver sentito una versione di Non me la menare degli 883 cantata come se fosse All that she wants degli Ace of Base, rispettivamente del 1991 e del 1992. Sarebbe un atto di magia, allora, creare questi piccoli mostri di canzoni, chimere che sappiano contenere l’euforia inconsapevole di Hit Mania Dance con il revival del dancefloor degli anni duemila e un tiro più sofisticato come quello di Charlie XCX o Romy. E allora facciamo un gioco: se doveste agitare una bacchetta per creare un brano che tiene insieme tutte le malinconie delle vostre estati italiane, quale sarebbe? Io sceglierei Il mare d’inverno di Bertè cantata come se fosse Brat. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1573 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati