In Groenlandia, durante le recenti elezioni parlamentari, buona parte dei 57mila abitanti dell’isola ha seguito con trepidazione Valgaften, una sorta di maratona giornalistica alla Mentana. Tra indipendentisti e democratici, con il dibattito infiammato dalle dichiarazioni bellicose di Donald Trump, l’evento ha confermato il ruolo centrale del servizio pubblico della Knr, l’unica emittente groenlandese. Nata come radio clandestina nel 1958, la Knr ha trasmesso per anni un palinsesto rubato alla Denmarks Radio. I nastri dei programmi venivano caricati sui mercantili e contrabbandati sull’isola. Settimane di viaggio per consegnare le puntate di Matador, la serie danese di maggior successo ispirata al gioco del Monopoli, o le dirette dell’Eurovision, manifestazione particolarmente sentita nei paesi scandinavi, che approdavano sugli schermi artici, tra ghiaccio e tempeste, mesi dopo la proclamazione del vincitore. Un’emittente artigianale, libera e in differita cronica, che ha nel tempo costituito uno straordinario archivio di voci e memorie inuit, tra programmi per bambini in lingua indigena e accuratissime rubriche meteo trasmesse a rotazione lungo la giornata. Negli ultimi decenni la Knr ha stipulato accordi, conquistando fondi e una maggiore autonomia. Ma ora, grazie agli annunci marziali del presidente statunitense, sembra aver ravvivato l’animo piratesco e identitario delle origini. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1608 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati