Il 27 marzo Donald Trump ha firmato un decreto intitolato “Ripristinare la verità e il buonsenso nella storia americana”, in cui attacca i musei della Smithsonian institution di Washington per aver “sostituito fatti obiettivi con una narrazione distorta, guidata dall’ideologia piuttosto che dalla verità”. Tra i concetti propri di questa “ideologia” definita “corrosiva” e “divisiva”: il fatto che “la famiglia nucleare” è “un aspetto della cultura bianca”, che “la scultura è stata un’arma potente per promuovere il razzismo scientifico” e infine che la “razza non è una realtà biologica, ma una costruzione sociale”. Il decreto stabilisce che le autorità dovranno vegliare a che simili princìpi non si diffondano e non finanziare iniziative che li sostengano. Questo violento atto di assoggettamento mette in una luce diversa la preoccupazione per cui sarebbe la cancel culture a voler falsificare il passato, una preoccupazione diffusa anche a sinistra e in parte condivisa anche in questo libro, scritto da un grande storico intorno alle vicende di alcuni falsi storici, in sé appassionanti. L’appello alla verità di Trump mostra che a voler cambiare la storia, più ancora di chi rimuove le sculture di persone divenute discutibili, è chi emana decreti per rimetterle in piedi, mentre occulta le tracce digitali di ciò con cui non è d’accordo e sottopone a pesanti controlli politici musei e università. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1608 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati