I risultati delle elezioni di metà mandato non sono ancora definitivi, ma sembra che i democratici siano andati meglio del previsto. Hanno ottenuto il miglior risultato per un partito al governo dal 2002, quando alla Casa Bianca c’era George W. Bush e i repubblicani guadagnarono seggi. Quelle del 2002 furono elezioni strane, pesantemente condizionate dagli attentati dell’11 settembre 2001. La popolarità di Bush era altissima, e in quel periodo chi criticava la sua amministrazione era considerato pericoloso o perfino antipatriottico. Il presidente e i suoi consiglieri politici approfittarono del sentimento suscitato dallo “stringersi intorno alla bandiera” per portare avanti gli interessi dei repubblicani. Quest’anno si è votato in un clima molto diverso. E l’esito positivo dei democratici, anche se più modesto di quello ottenuto dai repubblicani vent’anni fa, in un certo senso è ancora più sorprendente. Il livello di popolarità di Joe Biden è il più basso mai registrato a questo punto del mandato da qualsiasi presidente nel dopoguerra.
Come si spiega il risultato? È possibile che abbia funzionato la scelta dei democratici di concentrarsi soprattutto sulla difesa del diritto all’aborto. Questa strategia aveva alimentato un certo scetticismo, perché gli statunitensi sembrano preoccupati più per il costo della vita che per le interruzioni di gravidanza. Ma i vertici del partito devono aver pensato che non c’era molto che potessero fare per convincere gli elettori parlando d’inflazione. Al contrario, l’attenzione nei confronti dell’aborto aveva prodotto risultati incoraggianti nelle ricerche condotte per valutare l’efficacia degli annunci elettorali. Il fatto che i democratici abbiano ottenuto risultati positivi in aree popolate soprattutto da bianchi laici mostra che il ragionamento era corretto. Naturalmente questa strategia non sarebbe stata possibile se a maggio la corte suprema non avesse deciso di ribaltare la sentenza Roe contro Wade, che per quasi quarant’anni ha garantito il diritto all’aborto in tutto il paese. La sentenza sembra aver risvegliato dal torpore molti statunitensi. Un amico che lavora nel campo dei diritti riproduttivi mi ha ripetuto spesso che “quella sentenza è il nostro 11 settembre”, un evento traumatico che può infrangere le leggi della gravità politica.
Se l’inflazione rallenta
L’effetto della decisione della corte suprema è stato evidente anche in Florida, dove i repubblicani sono andati molto bene: Ron DeSantis ha ottenuto un secondo mandato da governatore e Marco Rubio è stato confermato al senato. Da anni la Florida diventa sempre più conservatrice, ma questo risultato è sorprendente in un anno in cui i repubblicani hanno faticato altrove. I fattori in gioco sono sicuramente molti, ma è importante sottolineare che DeSantis, pur essendo molto radicale, ha mantenuto una posizione moderata sull’aborto. In questo modo ha contrastato la spinta democratica sui diritti riproduttivi. La vicenda solleva una domanda importante sul futuro di DeSantis: potrà continuare a seguire questa linea politica mantenendo il consenso dei conservatori? O la sua base elettorale gli chiederà di adottare posizioni più estremiste in vista della candidatura presidenziale?
Lontano dalla Florida i repubblicani sono stati meno prudenti, e questo ha prodotto risultati inaspettatamente positivi per i democratici, considerando la situazione economica. Le elezioni hanno premiato l’astuzia strategica dei democratici ed evidenziato gli enormi rischi che correranno i politici repubblicani nei prossimi due anni se l’inflazione dovesse rallentare. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1486 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati