Ho acquistato Il simpatizzante nella storica libreria Strand di New York, dove è tornato tra i volumi più in vista in occasione dell’uscita della serie tv di Park Chan-wook e Don McKellar tratta dal romanzo. L’anonimo protagonista è un uomo diviso, nella personalità, nella mente e nel cuore: è un americano, figlio di una giovane vietnamita e di un prete francese. Ricorda, nell’incipit e nell’anonimato del narratore, L’uomo invisibile di Ralph Ellison (Fandango), per poi deviare verso atmosfere alla Conrad, tematiche alla Whitman, una suspense degna di Greene (richiami che tornano nel testo come allusioni più o meno evidenti). La narrazione comincia con la caduta di Saigon e prosegue come una sorta di confessione resa dall’anonima spia in un Vietnam post-bellico. Le molteplicità cominciano nella biografia del protagonista, continuano con l’ambientazione divisa tra Vietnam e terra statunitense, e finiscono per includere i diversi livelli di lettura del libro, che può essere un romanzo storico, di guerra, di spionaggio, di migrazione, una satira politica. Thanh Nguyen Viet, che con questa opera nel 2015 ha vinto il premio Pulitzer, mette in piedi una storia che ci fa confrontare non tanto con cosa è giusto e cosa sbagliato, quanto con ciò che sta in mezzo, nell’ambiguità del vero (richiama in questo l’autrice filippina Gina Apostol) di cui si nutre ogni nazionalismo. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1559 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati