N el mese sacro del Ramadan è capitato spesso di assistere ad assembramenti nei luoghi per la distribuzione di prodotti alimentari, a volte degenerate in resse mortali. A Karachi, in Pakistan, dodici persone – donne e bambini – sono morte il 31 marzo mentre cercavano di prendere dei sacchi di farina gratuiti. Durante il Ramadan incidenti simili ci sono stati anche in altre città del paese, per esempio a Peshawar.
I numeri raccontano una storia triste. Secondo l’indice dei prezzi al consumo, a marzo il costo delle materie prime è aumentato del 35 per cento rispetto al 2022. È l’incremento più alto dal 1965. Anche il costo dei trasporti è cresciuto. Sullo sfondo di quest’impennata dei prezzi c’è lo scontro in corso tra il Pakistan e il Fondo monetario internazionale (Fmi). Il paese ha urgente bisogno che l’Fmi sblocchi una parte di aiuti da un miliardo di dollari. Senza quei soldi potrebbe diventare insolvente, finendo in una situazione peggiore di quella di oggi. Quando uno stato non riesce a pagare i suoi debiti, il suo accesso ai mercati internazionali è limitato perché i creditori non si fidano della sua capacità di pagare. Se oggi i poveri fanno la fila per i sacchi di farina e l’olio, in futuro potrebbero farlo per tutto. I pazienti morirebbero negli ospedali per mancanza di medicine essenziali e la popolazione dipenderebbe dalle fluttuazioni del mercato nero per ottenere qualsiasi prodotto.
Le vittime erano soprattutto donne. Sono loro a trovarsi davanti agli occhi il volto affamato dei figli e le pentole vuote sui fornelli che non funzionano per la mancanza di gas
Le vittime della calca per la farina erano soprattutto donne. Sono loro a trovarsi davanti agli occhi il volto affamato dei figli e le pentole vuote sui fornelli che non funzionano più a causa della mancanza di gas.
Durante il Ramadan le ore di digiuno fanno parte di un momento di elevazione spirituale attraverso il sacrificio. Ma immaginate il dolore e la sofferenza di un digiuno senza fine. È stata quest’angoscia ad aver spinto molte madri verso la morte, a Karachi. Sono morte per non dover affrontare gli occhi delusi dei figli affamati. Il giorno dopo la tragedia, la polizia ha arrestato alcune persone, ritenendo responsabili il dirigente di una fabbrica e alcuni commercianti. Durante il Ramadan i commercianti, gli imprenditori e altre persone benestanti organizzano abitualmente la consegna di prodotti alimentari.
C’è sempre stato un elemento di disumanizzazione: il ricco benevolo che dà scatole o buste di cibo ai poveri ammassati davanti a lui. Essere considerati disperati sembra un prerequisito indispensabile per ricevere aiuto. La vergogna della povertà è usata per rafforzare l’arroganza della ricchezza.
Perfino queste preoccupazioni quest’anno sembrano inutili. Davanti a tanti poveri la percezione del bisogno e della generosità si perde. Dalle interviste fatte sul posto è emerso in modo chiaro che in coda c’erano anche persone istruite della classe media. Molte infatti hanno perso il lavoro nell’industria tessile e in altri settori a causa dell’impossibilità d’importare le materie prime necessarie. Tante non possono più permettersi di comprare la farina: oggi un sacco da dieci chili costa più di mille rupie pachistane (poco più di tre euro). La notizia della chiusura di altre fabbriche lascia prevedere che le file nelle prossime settimane saranno ancora più lunghe. All’inizio di aprile è stato annunciato che quasi tutti gli stabilimenti per l’assemblaggio di telefoni interromperanno l’attività. I lavoratori hanno ricevuto la metà dello stipendio e la rassicurazione di essere richiamati quando la produzione riprenderà.
L’industria tessile affronta lo stesso tipo di problemi. I proprietari non riescono a ottenere lettere di credito dalle banche per garantire i pagamenti. Quindi fermano gli stabilimenti. È naturale chiedersi quanto durerà questa situazione. Bisogna fare qualcosa di più. La quantità di prodotti alimentari distribuiti dovrebbe aumentare in modo che tutti ricevano qualcosa da mangiare. Lo stesso dovrebbe valere per i punti di distribuzione alimentare gestiti dal governo. Le autorità, tradizionalmente incapaci di affrontare qualsiasi tipo di crisi, potrebbero chiedere aiuto alle organizzazioni private, che di solito lavorano in modo più efficace e ordinato.
Senza uno sforzo immenso da parte del pubblico e del privato, aumenteranno le persone che moriranno di fame. Chi è incaricato di distribuire i prodotti alimentari dovrà assicurarsi di averne abbastanza per soddisfare le necessità in crescita e dovrà fissare un limite al numero di chi è autorizzato a mettersi in fila. Tragedie come quella di Karachi possono essere evitate. Bisogna dare prova di lungimiranza e consapevolezza dei forti bisogni che hanno le persone durante il mese sacro e non solo. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1508 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati