Da lontano l’illusione funziona: il prato appare fitto e rigoglioso. Avvicinandosi, però, si notano le tracce di vernice verde ai piedi delle palme e degli ulivi. A Barcellona l’hotel a cinque stelle Torre Melina, del gruppo Gran Meliá, ha reagito con questo espediente al divieto d’irrigare il prato imposto dal governo catalano per affrontare la siccità che da tre anni colpisce la regione. La pittura copre i ciuffi d’erba secca ingialliti dal sole. “In passato gli irrigatori funzionavano a ciclo continuo”, spiega Ramón Vidal, direttore dell’albergo di lusso che ha 391 camere e ha appena ripreso l’attività dopo quattro anni di ristrutturazioni. “La vernice è biodegradabile e dura tre mesi. È stata un’idea del giardiniere. Il prato artificiale, anche di qualità, non è una soluzione, perché ha comunque bisogno di essere innaffiato”.
La trovata può sembrare sorprendente, ma non ha niente da invidiare alla soluzione annunciata il 5 febbraio dalla ministra spagnola per la transizione ecologica Teresa Ribera Rodríguez e dal ministro catalano per l’ambiente e l’agricoltura David Mascort: se non pioverà entro giugno, due navi da carico faranno ogni giorno la spola tra l’impianto di desalinizzazione nel poco utilizzato porto di Sagunto, nella Comunità Valenciana, e quello di Barcellona, dove sono già stati ultimati gli adeguamenti necessari. In questo modo sarà possibile rifornire la città di quarantamila metri cubi d’acqua potabile al giorno, pari al 14 per cento del consumo medio di Barcellona e al 3 per cento di quello dell’agglomerato urbano.
“Non è una soluzione, ma una risposta concreta pensata per strutture essenziali che potrebbero trovarsi in situazioni d’emergenza”, ha precisato Mascort riferendosi agli ospedali. “Il governo di Madrid farà tutto il possibile per garantire la fornitura di acqua potabile”, ha aggiunto Ribera. Tuttavia questi provvedimenti, invece di rassicurare gli abitanti di Barcellona, li preoccupano. Fino a poco tempo fa l’ipotesi che in città potesse davvero mancare l’acqua era impensabile.
Stato d’emergenza
Seduta in spiaggia tra turisti e persone del posto, Jenny approfitta degli effetti dell’anticiclone che da gennaio sta portando temperature record. Il 1 febbraio, quando è stato annunciato lo stato d’emergenza accompagnato da una serie di restrizioni al consumo di acqua, Jenny è caduta dalle nuvole. “Non pensavo che la situazione fosse così grave”, spiega. Italiana di 48 anni, Jenny lavora in una startup e vive da 24 anni a Barcellona. In Catalogna non piove (o piove troppo poco) ormai da più di tre anni. Dall’autunno del 2020 il deficit delle precipitazioni ha superato i 500 millimetri, ovvero l’equivalente di un anno di pioggia in città. “Il quadro è catastrofico”, riassume Sarai Sarroca, direttrice del servizio meteorologico della Catalogna. “Non avevamo mai vissuto una siccità così prolungata ed estesa sul territorio. L’aspetto più preoccupante è l’aumento delle temperature. Un incremento di questo tipo non era previsto prima della seconda metà del secolo. Per non parlare della mancanza di neve sui Pirenei, che solitamente costituisce una riserva per i mesi più caldi”. Le previsioni per la primavera non lasciano spazio all’ottimismo. “Sono molto allarmata”, ammette la meteorologa. “Più che del cambiamento climatico in sé, ho paura del fatto che mancano i meccanismi di adattamento. Dovremmo impegnarci di più per prevedere, reagire e allertare la popolazione”.
Sulla carta le autorità catalane hanno cominciato a limitare la fornitura d’acqua già da due anni, in modo progressivo. Ma gli agricoltori hanno continuato a pompare acqua dai pozzi fino a prosciugarli. Nel 2023 gli alberghi hanno potuto riempire le piscine destinate ai 16 milioni di turisti accolti nella regione, un numero di persone che è più del doppio della popolazione locale. Solo una trentina di comuni rurali, sottoposti a interruzioni notturne dell’acqua corrente o riforniti da camion-cisterna, hanno sperimentato concretamente le conseguenze della siccità.
A Barcellona i prati sono secchi da un anno, ovvero da quando il sindaco ha vietato l’irrigazione dei giardini oltre il minimo necessario per la sopravvivenza degli alberi. Le grandi fontane ornamentali come quelle di plaza de España e plaza de Cataluña sono rimaste a secco. Nelle spiagge le docce sono chiuse dall’estate scorsa. In città, comunque, la siccità si nota meno che nelle campagne.
“Ci preoccuperemo quando non ci sarà più acqua”, dichiara Gael Herman, ballerino e acrobata di 42 anni, nella palestra all’aperto della spiaggia della Barceloneta. “Ho problemi più seri a cui pensare, come il fatto che per l’affitto spendo il 60 per cento del mio stipendio”, si rammarica Victor Rufart, architetto di 26 anni, mentre attraversa il parco della Ciutadella e i suoi prati spogli. Jenny, invece, cerca di dare il suo contributo riducendo il tempo dedicato alla doccia e l’uso della lavatrice. Ma relativizza: “Bevo solo acqua in bottiglia”. Nell’area urbana di Barcellona, l’acqua del rubinetto proviene soprattutto dagli impianti di desalinizzazione ed è famosa per il suo sapore sgradevole. Quasi il 60 per cento dell’acqua consumata in città è imbottigliata.
Per proteggere l’economia, la Generalitat de Cataluña (il governo regionale) ha cercato per mesi di evitare un razionamento più rigoroso, anche a rischio di minimizzare il problema. Il 2 febbraio, però, è stata presa la decisione di attivare la fase di “emergenza per siccità” in 202 comuni in cui vivono quasi sei milioni di abitanti. La causa scatenante? La notizia che nel bacino di Ter-Llobregat, da cui dipendono l’area urbana di Barcellona e una parte di quella di Girona, le riserve d’acqua erano scese al di sotto dei cento milioni di metri cubi (16 per cento della capienza), un livello critico.
L’agricoltura, a cui si deve il 35 per cento del consumo d’acqua, al momento deve ridurre l’approvvigionamento idrico dell’80 per cento, mentre l’industria (20 per cento del consumo) deve tagliarlo del 25 per cento. Lo stesso discorso vale per le attività ricreative. Più in generale, i comuni sono invitati a limitare i consumi d’acqua a una media di 200 litri al giorno per abitante. Per i privati è stato introdotto il divieto di riempire la piscina o lavare l’automobile al di fuori delle stazioni autorizzate. Sono inoltre proibite tutte le attività ludiche che comportino uno spreco d’acqua. Le multe in caso di violazioni possono arrivare a tremila euro. L’utilizzo dell’acqua è limitato anche nelle strutture sportive. Il 1 febbraio l’azienda che gestisce il campo di calcio municipale La Satalia, situato nel quartiere barcellonese di Poble Sec, ha comunicato che “in considerazione dell’attuale emergenza non sarà consentito l’uso delle docce dopo gli allenamenti, mentre sarà possibile farle dopo le partite della federazione, pur con una riduzione del 25 per cento d’acqua per spogliatoio”. Il terreno di gioco, invece, potrà essere normalmente innaffiato.
Guadagnare tempo
Sulla riva del fiume Llobregat, smagrito e marrone, due golfisti si allenano su un terreno spelacchiato. “È un campo rustico”, ironizza Manuel Gil, pensionato di 62 anni. “Cinque anni fa questa zona era rigogliosa, ma oggi non è più così. È diventata desertica. Nemmeno l’umidità della notte basta a mantenere in vita la vegetazione”. Nonostante le proteste degli ecologisti, negli ultimi tre anni il deflusso minimo vitale dei fiumi (il livello considerato ufficialmente necessario per sostenere la fauna e la flora, oltre che una qualità dell’acqua accettabile) è stato ridotto quasi del 90 per cento.
Poco lontano dal campo di golf si trova il canale d’irrigazione Dreta, che in passato era alimentato da un affluente del Llobregat. Dal dicembre 2022 il canale trasporta le acque reflue depurate del comune di El Prat de Llobregat fino ai campi del parco agricolo del Baix Llobregat, che si estende su 3.500 ettari nei pressi dell’aeroporto del Prat e produce frutta e legumi. “È un’acqua più salina. Certe colture, come i pomodori o le albicocche, ne soffrono”, sottolinea Helena Perxacs, direttrice del parco. Ora quest’acqua sarà destinata al consumo umano. Il comune di Barcellona ha deciso di stanziare 14 milioni di euro per aumentare la capacità delle acque freatiche, non potabili, usate per la pulizia delle strade e l’irrigazione degli alberi. Queste misure servono per guadagnare tempo in attesa che entrino in funzione i nuovi impianti di desalinizzazione, che avranno una capacità totale di 80 milioni di metri cubi annuali e un costo finale di oltre 450 milioni di euro. Associati a quelli esistenti, ridurranno la dipendenza dall’acqua piovana. Ma c’è un problema: non saranno attivi prima del 2028.
“Finora la pianificazione strategica ha fallito, ma il governo regionale addossa la responsabilità ai comuni”, accusa Eduard Rivas, presidente della Federazione dei comuni di Catalogna. “È da sedici anni, dall’ultima siccità, che la Generalitat non investe nella rete. A Dubai e Israele l’acqua non manca”. Sindaco di Esparreguera, un centro urbano di 23mila abitanti a nord di Barcellona, Rivas ha il compito di applicare le restrizioni nel territorio comunale. Finora ha ridotto la pressione nelle condutture durante la notte, ma non nasconde i suoi timori in vista dell’estate, quando “la popolazione raddoppierà”. Il sindaco ricorda che le piscine municipali rappresentano “indispensabili rifugi climatici”. Se il consumo oltrepasserà la soglia fissata dalla Generalitat, il rischio è quello di avere pesanti sanzioni.
Dallo scorso autunno circa cento comuni sono stati multati dall’Agenzia catalana per l’acqua. A Begur, per esempio, il consumo medio giornaliero si avvicina ai 500 litri a causa dei residenti più ricchi, che annaffiano continuamente giardini e riempiono le loro piscine. A Badalona e a Cabrera d’Anoia, per le perdite nelle tubature sono stati sprecati milioni di litri d’acqua senza che nessuno se ne preoccupasse, fino a quando l’acqua è mancata. “Dato che il 76 per cento della rete idrica è privatizzato, i comuni spesso non fanno controlli adeguati e non costringono le aziende a riparare le tubature”, sottolinea Dante Maschio, portavoce della piattaforma L’acqua è vita e socio dell’organizzazione Ingegneri senza frontiere.
Turisti all’oscuro
Tra la popolazione, intanto, cresce la rabbia nei confronti dell’amministrazione regionale. Nel 2008 la Catalogna aveva già dovuto affrontare una grave siccità, tanto che era stato necessario far arrivare una nave cisterna da Marsiglia e attivare alcuni impianti di desalinizzazione. Oggi il governo catalano è accusato da diversi settori economici di non aver costruito le infrastrutture necessarie, mentre gli ecologisti gli imputano di non aver frenato la crescita selvaggia del turismo e dell’agro-industria. “La Generalitat ha fornito l’acqua a tutti quelli che l’hanno chiesta, senza curarsi di quali fossero le risorse disponibili. Abbiamo superato nuovamente il record di turisti, ma continuiamo a esportare più della metà della frutta e della carne che produciamo”, aggiunge Maschio. “Chiediamo l’apertura di un dibattito pubblico, sereno e partecipativo sul modello economico da seguire”. Già inclini a criticare il turismo di massa, molti abitabnti di Barcellona non digeriscono l’assenza di restrizioni specifiche per il settore, fatta eccezione per il divieto di riempire i serbatoi d’acqua imposto alle navi da crociera (salvo casi particolari). I turisti di solito non sono consapevoli della situazione che sta vivendo la città catalana. “Non me ne sono resa conto, non ho visto avvisi e nessuno me ne ha parlato”, ammette Agustina Delgado, arrivata dall’Argentina. Le campagne di sensibilizzazione sono diffuse su internet, soprattutto da organizzazioni locali. Negli hotel e nelle stazioni della metropolitana sono assenti, mentre in spiaggia gli adesivi che annunciano un “episodio di siccità”, attaccati alle docce, sono scritti solo in catalano.
“Temiamo la diffusione di messaggi allarmistici che facciano pensare ai turisti di non poter fare il bagno o la doccia”, spiega Vidal, che ha tutta l’intenzione di riempire le due piscine del suo albergo: “La soluzione alla siccità non può consistere nel tracollo dell’economia”.
“Abbiamo già ridotto la pressione delle docce per risparmiare acqua. È stata l’amministrazione a intervenire in ritardo”, accusa Marc Soler, direttore del campeggio Tres Estrellas di Gava, situato nei pressi dell’aeroporto.
Per aggirare le limitazioni, il settore cerca soluzioni originali. La Federazione dei campeggi di Catalogna ha proposto di riempire le piscine con acqua di mare. “Ma per farlo servono lavori di adeguamento e investimenti importanti, soprattutto per raddoppiare i sistemi di scarico, perché l’acqua di mare non può essere riversata nelle fogne. In ogni caso è meglio che chiudere le piscine”, spiega Miquel Bocanegra, presidente della federazione.
“Barcellona avrà l’acqua. La città è un motore economico del sud d’Europa e una capitale turistica. L’idea che manchi l’acqua è inconcepibile”, taglia corto Mateu Hernández, direttore del consorzio Turismo di Barcellona, di cui fanno parte il comune e la camera di commercio e dell’industria.
Ad agosto la città ospiterà la Coppa America, una competizione nautica internazionale molto attesa. Nessuno vuole rovinare la festa. Lunedì 12 febbraio il sindaco Jaume Collboni, in visita al monastero di Pedralbes, ha chiesto ai monaci di pregare per la pioggia. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1551 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati