La morte di Ebrahim Raisi ha sollevato una serie di congetture su chi gli succederà e sulle implicazioni per la Repubblica islamica. Anche prima della conferma della notizia, la guida suprema Ali Khamenei aveva rassicurato l’opinione pubblica che non ci sarebbero state ripercussioni per l’amministrazione dello stato. Ma la grande quantità di memi e battute sull’incidente circolate tra molti iraniani nel paese e all’estero rivela la grave crisi di legittimità in cui si trova il regime.

In base alla costituzione della Repubblica islamica il presidente iraniano detiene la seconda carica più alta dopo la guida suprema. Come spiega uno studio di Siavush Ranjbar-Daemi, della St. Andrews university, nel Regno Unito, questa carica è tradizionalmente funzionale alla volontà della guida suprema e del parlamento (majles), a sua volta subordinato agli editti della guida suprema.

Questa esercita pieni poteri, spirituali e temporali, sul governo, sul parlamento e sulla magistratura. Da quando ha assunto la carica nel 1989, l’ayatollah Ali Khamenei ha introdotto una serie di modifiche costituzionali rafforzando i suoi poteri e indebolendo quelli del presidente, ridotto a un semplice amministratore dello stato. E Raisi si era distinto dai suoi predecessori (incluso Khamenei, che è stato presidente dal 1981 fino alla morte di Ruhollah Khomeini nel 1989) per aver incarnato il servitore ideale del leader supremo.

Raisi aveva fatto carriera nella magistratura. Nel 1988 aveva presieduto i processi segreti e sommari di migliaia di prigionieri politici detenuti nelle carceri della Repubblica islamica, mandandoli al patibolo. Il curriculum di Raisi è stato quello di un religioso arrivista legato alla rivoluzione islamica del 1979. Khamenei vedeva in lui un pupillo da premiare per la sua fedeltà, quindi ne favorì la carriera. Nel 2019 lo aveva nominato capo della magistratura: in quella posizione Raisi aveva dimostrato la sua lealtà a Khamenei orchestrando una serie di processi “anticorruzione” contro ex funzionari del potere giudiziario. Infine, nel 2021 era stato eletto presidente con l’aiuto del consiglio dei guardiani (nominato da Khamenei) che aveva escluso molti candidati. Quella tornata elettorale è stata caratterizzata dalla bassa affluenza alle urne, dovuta anche al boicottaggio della maggioranza degli iraniani.

Imperativo categorico

Per molti la sua elezione aveva confermato che fosse lui l’erede di Khamenei, mentre altri sostenevano che l’incarico spettasse al figlio Mojtaba Khamenei. In un regime come quello iraniano, la legittimità di una guida suprema passa per il potere dell’esercito e degli apparati di sicurezza e di intelligence, nonché dell’élite ideologica. I Guardiani della rivoluzione controllano gran parte dell’infrastruttura economica del paese e vaste fette del settore privato, e hanno una forte presa sui gruppi armati alleati dell’Iran nella regione. Mojtaba è molto apprezzato dall’apparato della sicurezza e dell’intelligence, dai Guardiani della rivoluzione e dall’assemblea degli esperti, che ha il compito di nominare la guida suprema.

La situazione attuale è critica perché, se Khamenei morisse prima dell’elezione di un nuovo presidente, il paese potrebbe sprofondare nell’instabilità. Alla luce delle rivolte che hanno scosso il paese nel 2022 e 2023, e considerando la drammatica realtà economica che ha spinto più del 60 per cento degli iraniani nella povertà, si può dire che il regime sia già alle prese con una profonda crisi di legittimità. L’uscita di scena di Khamenei potrebbe amplificarla.

Insomma, l’imperativo categorico seguito dall’assemblea degli esperti e da tutti i vertici della Repubblica islamica è “la sopravvivenza del regime”. Se questo si trovasse allo stesso tempo privo della guida suprema e del presidente, l’assemblea degli esperti potrebbe eleggere Mojtaba Khamenei. In questo caso, la sua leadership inaugurerebbe un’era teocratica dinastica nella Repubblica islamica, sul modello di quella dell’imamato sciita del primo medioevo. ◆ fdl

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Questo articolo è uscito sul numero 1564 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati