Di questi tempi, non passa quasi mai una settimana senza che qualcuno proponga un nuovo sistema per rimanere sani di mente in un mondo in cui le notizie ci mandano al manicomio. In passato ci consigliavano di prenderci un giorno alla settimana senza computer né telefono, o un periodo di “disintossicazione digitale” ogni tanto.

Ma da qualche mese si sente parlare del giornalista che è passato a una dieta di sola carta stampata, dello scrittore che sopravvive senza tecnologia dal 2016 (il suo articolo scritto a mano per il Guardian è stato digitato da un redattore), e di Erik Hagerman, un uomo dell’Ohio il cui profilo è apparso sul New York Times, che vive in un allevamento di maiali senza alcun accesso alle informazioni, e quando entra nel caffè del paese si tappa le orecchie per non sentire niente.

Ma c’è il rischio, come ha osservato il giornalista e critico letterario Jeet Heer, che un giorno si finisca per esagerare con questi sistemi e Hagerman e i suoi simili potrebbero ritrovarsi come i soldati giapponesi che continuarono a combattere la seconda guerra mondiale fino agli anni settanta. Quando Trump sarà messo sotto accusa o sconfitto oppure morirà per un’overdose di patatine, come faranno a saperlo?

Il passare del tempo è il filtro migliore per stabilire cosa conta veramente

Tuttavia, dato che anch’io ho questo problema, sono sempre più convinto che la vera causa dell’ansia che ci provocano le notizie non siano i preoccupanti nuovi sviluppi di cui veniamo a conoscenza, ma piuttosto non sapere per quali di quelle novità scopriremo che valeva la pena di preoccuparci. Delle 45 notizie inquietanti che avete letto su Twitter stamattina, due o tre si riveleranno segni premonitori dell’ascesa del fascismo/della distruzione dell’ambiente/del crollo del Regno Unito a causa della Brexit.

Ma tutte le altre no. Un tempo era compito dei giornali filtrare le informazioni e scegliere le più importanti. Oggi, se una pubblicazione rimanda di una settimana la diffusione di una notizia, per vedere se regge, viene accusata di voler nascondere la verità. Il passare del tempo è il filtro migliore per stabilire cosa conta veramente, ma arrivare in ritardo è una cosa che nessun social network e nessuna organizzazione giornalistica si può permettere.

Noi, però, possiamo. Perciò ho scoperto che il modo migliore per essere bene informati senza agitarsi troppo è leggere le notizie due o tre giorni dopo tutti gli altri. Affidarsi alla carta stampata è il modo migliore per farlo, ma funziona anche online: mi capita sempre più spesso di navigare su internet e di salvare molti articoli in un’applicazione che mi permette di “leggerli dopo” (io uso Evernote, ma vanno bene anche i segnalibri di qualsiasi motore di ricerca). Quando arrivo a leggerle, il filtro del tempo ha operato la sua magia: quelle veramente imprescindibili sono pochissime. È un sistema imperfetto, perché ovviamente per metterla da parte bisogna sapere che una notizia esiste, ma poi si impara facilmente a capire quali scegliere.

Dopo averlo fatto per un po’ di tempo, mi sono reso conto che in fondo era lo stesso sistema che usavo da anni per le mie preoccupazioni personali: scrivevo un appunto sul calendario due o tre settimane prima di affrontarne una, e decidevo di non pensarci fino ad allora. Quasi sempre, quando arrivava la data che avevo stabilito, mi sembrava assurdo essermi posto quel problema. Tutti ci consigliano di vivere il presente, ma anche rimandare quel momento di qualche giorno non è una cattiva idea.

Consigli d’ascolto

Sul podcast dell’Ezra Klein show, lo scrittore Cal Newport parla di come “rimettersi in forma cognitivamente” consumando le notizie seguendo i propri ritmi piuttosto che quelli degli altri.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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