Una pandemia come quella che stiamo vivendo ha un impatto devastante non solo sulla quotidianità dei cittadini, ma anche sui loro diritti democratici. Inevitabilmente c’è chi ne approfitta, nascondendosi dietro il coronavirus per rafforzare il proprio potere in modo inquietante. È il caso dell’Ungheria, dove il primo ministro Viktor Orbán si è attribuito il 30 marzo pieni poteri, ufficialmente per combattere meglio l’epidemia.
È evidente che il coronavirus rende necessarie misure eccezionali e limitazioni della libertà come il confinamento, la quarantena, la sospensione del parlamento o il divieto di circolare. Oggi accettiamo queste imposizioni perché pensiamo (sappiamo) che sono solo temporanee, anche se qualcuno le osserva con preoccupazione.
In Francia lo “stato d’urgenza” votato la settimana scorsa dal parlamento avrà una durata limitata a due mesi. Nel Regno Unito i poteri eccezionali concessi al governo avranno una valenza massima di due anni, e in più dovranno essere rinnovati dalla camera dei comuni ogni sei mesi.
Un colpo di stato
In Ungheria, invece, Viktor Orbán si è fatto attribuire pieni poteri dal parlamento (che controlla) senza specificare alcun limite temporale. Orbán potrà governare per decreti fino a quando vorrà, e potrebbe addirittura abrogare leggi votate dal parlamento. Il primo ministro sarà l’unico a poter stabilire quando queste prerogative non saranno più necessarie.
Orbán giustifica questa azione con il pretesto della lotta contro l’epidemia, come accade in altri stati europei. Ma i poteri di cui godrà sono talmente vasti che l’opposizione, minoritaria, grida al “colpo di stato” volgendo lo sguardo verso l’Europa.
Orbán sa di poter contare sulla Polonia per impedire l’unanimità necessaria per far scattare le sanzioni
Cosa può fare l’Unione? La risposta breve è “non molto”. Quella tra Orbán, lo stato di diritto e l’Unione europea è una lunga storia, e il leader “illiberale” (una descrizione accettata dallo stesso Orbán) non è nuovo alle distorsioni delle regole del diritto europeo.
L’indipendenza della magistratura, le leggi sociali, la libertà di stampa, lo storno di fondi comunitari, il rispetto delle minoranze e dei migranti… tutti questi temi avevano già complicato i rapporti tra l’Ungheria e Bruxelles.
L’Unione europea ha avviato una procedura contro Budapest sulla base di un rapporto secondo cui “in Ungheria i normali strumenti democratici non funzionano più”. La procedura può provocare la sospensione del versamento di quegli aiuti che l’Ungheria incassa di buon grado pur accusando Bruxelles di essere “la nuova Mosca”. Orbán, in ogni caso, sa di poter contare sul sostegno della Polonia per impedire l’unanimità necessaria per far scattare le sanzioni contro il suo paese.
È evidente che oggi, con una pandemia che mette in ginocchio le economie europee e crea una situazione eccezionale, l’Europa ha ben altre priorità rispetto a Orbán.
Ma una volta superata l’epidemia e ripristinato a tutti gli effetti lo stato di diritto, l’Unione potrebbe ancora tollerare una violazione così evidente dei suoi valori fondanti? Un atteggiamento rinunciatario aprirebbe le porte ad altre derive autoritarie in Europa: un club che non fa rispettare le sue regole perde di credibilità.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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