Se dovessimo scegliere un titolo per questa sequenza di eventi, sarebbe “I dieci giorni che hanno cambiato la politica francese nei confronti della Russia”. Il primo atto è stata la dichiarazione con cui Emmanuel Macron non ha escluso l’invio di truppe in Ucraina, mentre l’ultimo (per ora) è in arrivo il 15 marzo con un importante vertice a Berlino tra Francia, Germania e Polonia.

In un’intervista televisiva andata in onda la sera del 14 marzo il presidente francese ha cercato d’inviare alcuni messaggi e chiarire posizioni che hanno fatto discutere. Di sicuro chi era rimasto all’approccio adottato da Macron all’inizio della guerra in Ucraina, quando sosteneva che non bisognava “umiliare la Russia”, sarà rimasto sconcertato. Da allora, infatti, Macron ha smesso di avere la minima fiducia in Vladimir Putin, scegliendo chiaramente di schierarsi a fianco dell’Ucraina. La svolta si è verificata a giugno a Bratislava, in Slovacchia, con un discorso più duro rispetto ai precedenti.

Un nuovo passo è stato compiuto negli ultimi giorni, quando Macron ha adottato un tono aggressivo che inizialmente ha generato confusione ma che sul lungo periodo potrebbe favorire una mobilitazione.

Il messaggio inviato ai francesi, agli europei e anche a Putin è doppio: da una parte Macron considera ormai come un postulato l’idea che la Russia non debba vincere la guerra, come ha ripetuto nuovamente la sera del 14 marzo. Il presidente ha sintetizzato con una frase il pericolo che una vittoria di Mosca creerebbe per il mondo intero, Francia compresa: “Se la Russia dovesse vincere, la vita dei francesi cambierebbe. Non saremmo più sicuri”. I ciber attacchi russi contro la Francia, a quel punto, sarebbero solo un antipasto.

Il secondo messaggio è una conseguenza del primo: l’Europa deve fare tutto il possibile, senza porsi alcun limite, per impedire il trionfo russo. È proprio questa ambiguità sulla mancanza di limiti ad aver creato sconcerto. Non significa inviare truppe combattenti sul campo, l’ambiguità consiste nel non escluderlo. Per alcuni europei, a cominciare dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, è un’idea difficile da digerire, anche se molti in seguito si sono allineati con Macron.

In un certo senso il vertice di Berlino sarà decisivo, perché i tre paesi coinvolti, quelli del cosiddetto triangolo di Weimar, hanno bisogno gli uni degli altri, e se dovessero trovare un accordo potrebbero cambiare la situazione. La Polonia è il paese europeo più esposto, come dimostra il fatto che ha portato le sue spese militari a un livello da record: il 4 per cento del Pil, il doppio rispetto alla Francia.

La Germania aiuta parecchio l’Ucraina sul piano finanziario, ma continua a sembrare esitante, rispecchiando un tratto del carattere di Scholz. Attaccato dall’opposizione conservatrice per i suoi tentennamenti, il cancelliere ha bisogno di affermare la propria leadership. In questo la Francia e la Polonia possono aiutarlo.

La Francia, infine, ricopre il suo tradizionale ruolo di fucina di idee, ma non può andare avanti da sola. Il triangolo di Weimar è un buon formato in vista delle prossime tappe, a partire da un possibile finanziamento europeo per la difesa comune. Tutti hanno interesse a ripristinare l’immagine di un’unità europea che sembra vacillare. I prossimi mesi saranno difficili, in Ucraina come nel resto del mondo. Mentre l’Europa si gioca la propria credibilità, Putin sta a guardare.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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