I partner della Francia sono preoccupati per la situazione politica del paese, ma non tutti. Il 26 giugno il presidente francese ha ricevuto un visitatore che non è affatto scontento dell’ascesa dell’estrema destra francese: Viktor Orbán, primo ministro ungherese. Il 1 luglio l’Ungheria assumerà la presidenza dell’Unione, dunque Orbán sta facendo il giro delle capitali per preparare l’evento.
Il suo arrivo in Francia precede di tre giorni il primo turno delle elezioni legislative, che potrebbero permettergli di rafforzare il suo progetto politico. Orbán, euroscettico dichiarato, ha teorizzato la trasformazione dell’Unione europea dall’interno e sogna un’alleanza di estrema destra che possa cambiare le carte in tavole, fermare quella che considera una marcia verso il federalismo e cancellare il sostegno all’Ucraina.
A settembre Marine Le Pen si trovava a Budapest per incontrare il primo ministro ungherese. Due anni prima era toccato a Éric Zemmour, capo dell’altro partito di estrema destra francese, Reconquête, visitare l’Ungheria per esprimere la propria “ammirazione” per il governo del paese.
Resta il fatto che i principali partner della Francia sono molto allarmati da un voto che appare piuttosto rischioso. Il primo tra loro è sicuramente il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che dopo lo scioglimento del parlamento francese ha mantenuto un prudente silenzio ma che ha comunque manifestato la sua “preoccupazione”. Il leader socialdemocratico ha pubblicamente espresso la speranza che “vincano altri partiti rispetto a quello di Marine Le Pen”.
Berlino considera il Rassemblement national “profondamente germanofobo”. Il 26 giugno Le Monde ha riferito che i leader tedeschi temono che una vittoria dell’estrema destra in Francia possa trascinare i rapporti tra i due paesi “nella crisi peggiore dopo la seconda guerra mondiale”. Non è una dichiarazione da poco.
A preoccupare i tedeschi è anche la polarizzazione del voto francese, perché Jean-Luc Mélenchon non è certo più tenero con la Germania. Nel 2015 il leader del partito di sinistra La France insoumise (Lfi) ha firmato un libro intitolato L’aringa di Bismarck e sottotitolato Il veleno tedesco, in cui chiede un “confronto franco” con la Germania. Ma politici e commentatori tedeschi non equiparano l’Rn a all’Lfi. Secondo loro, chiaramente, il vero pericolo arriva dall’estrema destra.
La maggior parte dei leader che Macron incontrerà in questi giorni a Bruxelles ha in mente uno scenario catastrofico: una Francia paralizzata, se non addirittura ostile, di fronte al progetto europeo e un’eclisse francese nel momento in cui l’Europa affronta sfide complicatissime sul piano economico, tecnologico e geopolitico, con Putin da un lato e la possibile vittoria di Donald Trump dall’altro.
In teoria i 27 dovrebbero approvare le candidature dei tre principali dirigenti dell’Unione: Ursula von der Leyen riconfermata alla guida della Commissione, il portoghese Antonio Costa alla presidenza del Consiglio e la premier estone Kaja Kallas a capo della diplomazia comunitaria. Una conservatrice, un socialdemocratico e una liberale, dunque, con lo stesso equilibrio del precedente governo europeo, nonostante la sconfitta del partito di Macron in Francia e malgrado il peso dell’Italia di Giorgia Meloni.
Questa apparente continuità nasconde la grande paura di un’evoluzione in Francia che possa rompere gli equilibri, sprofondando nel caos uno dei motori dell’Unione. L’Europa non è al centro dei dibattiti della campagna elettorale francese, ma le conseguenze del voto per il vecchio continente saranno considerevoli.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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