La distribuzione di sacchi di farina a Rafah, nella Striscia di Gaza, 21 novembre 2023. (Ibraheem Abu Mustafa, Reuters/Contrasto)

Il governo israeliano ha dato il via libera il 22 novembre a un accordo che prevede il rilascio di cinquanta ostaggi in mano ad Hamas in cambio di un numero imprecisato di prigionieri palestinesi e di una tregua di quattro giorni nella Striscia di Gaza.

“Il governo ha approvato per grandi linee la prima fase di un accordo che prevede il rilascio di cinquanta persone rapite – donne e bambini – nel corso di quattro giorni di tregua”, si legge in un comunicato del governo trasmesso all’Afp.

“È la cosa giusta da fare”, ha dichiarato il primo ministro Benjamin Netanyahu la sera del 21 novembre prima dell’inizio della riunione governativa.

Circa 240 persone sono state rapite durante l’attacco senza precedenti di Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre.

L’accordo è stato approvato anche da Hamas e confermato dal Qatar, che ha guidato la mediazione.

“Il momento in cui scatterà la tregua umanitaria di quattro giorni sarà annunciato nelle prossime ventiquattr’ore, e non è escluso un prolungamento”, ha affermato il ministero degli esteri qatariota, riconoscendo anche il ruolo dell’Egitto e degli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti si attendono la liberazione di “più di cinquanta ostaggi”, ha dichiarato un alto funzionario della Casa Bianca, precisando che tre cittadini statunitensi sono tra gli ostaggi.

Il presidente statunitense Joe Biden si è detto “straordinariamente soddisfatto”.

“Primo scambio il 23 novembre”

Un alto funzionario di Hamas ha dichiarato all’Afp di aspettarsi “un primo scambio di dieci ostaggi e trenta prigionieri il 23 novembre”.

“Dopo il rilascio dei primi cinquanta ostaggi, quello di altri dieci ostaggi porterebbe a un ulteriore giorno di tregua”, ha affermato il governo israeliano.

L’accordo non significa che l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza sia finita, ha avvertito il 21 novembre il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant: “Terminata la tregua, riprenderemo con forza le operazioni”.

“L’obiettivo rimane distruggere Hamas e fare in modo che la Striscia di Gaza non costituisca più una minaccia per Israele”, ha affermato il governo.

Secondo le autorità di Hamas, l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ha causato finora la morte di più di 14mila persone, tra cui almeno 5.800 bambini. L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha invece causato circa 1.200 vittime in Israele.

Secondo le Nazioni Unite, dall’inizio del conflitto più di due terzi dei 2,4 milioni di abitanti della Striscia di Gaza sono stati costretti a lasciare le loro case. La maggior parte è fuggita verso sud dalla parte nord del territorio, dove infuriano i combattimenti.

Dissenteria e infezioni respiratorie

Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef) ha avvertito il 21 novembre che nella Striscia di Gaza è in corso una “catastrofe sanitaria”, aggravata dalle carenze di acqua e carburante, che serve ad alimentare i generatori.

Gli operatori umanitari segnalano un forte aumento di casi di dissenteria e infezioni respiratorie, mentre quasi 900mila sfollati si trovano in campi sovraffollati gestiti dall’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi.

Medici senza frontiere (Msf) ha annunciato che tre medici sono morti in un raid israeliano contro l’ospedale Al Awda, nel campo profughi di Jabalia.

Secondo il ministero della salute di Hamas, l’ospedale indonesiano, che si trova ai bordi del campo, era ancora assediato il 21 novembre dai carri armati israeliani mentre cinquanta corpi erano deposti davanti all’entrata.

Hamas afferma che Israele sta conducendo “una guerra contro gli ospedali”.

Israele, che dal 15 novembre occupa l’ospedale Al Shifa, il più grande della Striscia di Gaza, accusa invece Hamas di usare gli ospedali per scopi militari.