Il 10 luglio la giustizia colombiana ha annullato un accordo sui crediti di carbonio tra due aziende e sei comunità amazzoniche del sudest della Colombia a causa di “manovre fraudolente” nei negoziati.
La corte costituzionale ha accolto il ricorso presentato da sei comunità indigene della foresta tropicale Pirá Paraná, nel dipartimento di Vaupés, contro l’azienda statunitense Ruby Canyon Environmental e quella colombiana Masbosques.
Le comunità indigene accusavano le due aziende di aver negoziato la vendita di crediti di carbonio per il loro territorio con persone che non avevano l’autorità per farlo.
Iscriviti a Sudamericana |
Cosa succede in America Latina. A cura di Camilla Desideri. Ogni due settimane, il venerdì.
|
Iscriviti |
Iscriviti a Sudamericana
|
Cosa succede in America Latina. A cura di Camilla Desideri. Ogni due settimane, il venerdì.
|
Iscriviti |
La corte costituzionale ha ordinato alle autorità legittime delle sei comunità di decidere, entro sei mesi, se autorizzare o meno un nuovo accordo con le due aziende.
I crediti di carbonio possono essere acquistati dalle aziende inquinanti per compensare le loro emissioni di gas serra e ottenere benefici fiscali.
Le due aziende hanno negoziato i crediti per una cifra di circa 3,8 milioni di dollari, che sostengono di aver versato alle comunità indigene coinvolte.
In base al contratto, firmato nel marzo 2021, le comunità indigene assumevano l’impegno di preservare un’area di foresta amazzonica di 7.100 chilometri quadrati, una superficie equivalente a quella di Puerto Rico.
In seguito le comunità avevano però presentato ricorso sostenendo che l’accordo fosse stato firmato da falsi leader indigeni.
Se gli indigeni non autorizzeranno un nuovo accordo, le autorità dovranno bloccare definitivamente il progetto, conosciuto come “Baka Rokaire”.
Il governo di sinistra del presidente Gustavo Petro considera i crediti di carbonio uno strumento importante della transizione energetica, ma riconosce la necessità di vigilare per evitare frodi.