Dopo due settimane di trattative infruttuose, le delegazioni di quasi duecento paesi sono in attesa di una bozza finale di accordo sui finanziamenti ai paesi in via di sviluppo nell’ultimo giorno della conferenza delle Nazioni Unite sul clima (Cop29), in corso dall’11 novembre a Baku, in Azerbaigian.
Il 21 novembre le trattative sono proseguite fino a notte fonda, con ministri e diplomatici che si affollavano negli uffici delle delegazioni brasiliana, europea, statunitense e cinese, e della presidenza azera della conferenza.
La bozza di accordo dovrebbe essere presentata nel pomeriggio del 22 novembre, in ritardo rispetto al programma, e la conferenza potrebbe quindi concludersi a notte fonda o addirittura essere prorogata di un giorno.
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Ogni giovedì le notizie più importanti sulla crisi climatica e ambientale. A cura di Gabriele Crescente.
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Alcune delegazioni e ong hanno criticato la gestione della conferenza da parte della presidenza azera. “Questa è senza alcun dubbio la peggiore Cop della storia”, ha dichiarato Mohamed Adow della rete di ong Climate action network.
La questione centrale è stabilire quanti soldi i paesi sviluppati, che hanno una responsabilità storica per la crisi climatica, accetteranno di versare ai paesi in via di sviluppo per aiutarli a ridurre le emissioni di gas serra.
“Chiediamo solo l’1 per cento del pil globale”, ha affermato Juan Carlos Monterrey Gómez, il negoziatore di Panamá. “È troppo per salvare vite umane?”.
Una bozza di accordo presentata la mattina del 21 novembre aveva scontentato tutti perché al posto dei numeri c’erano delle “x”, a causa della difficoltà di conciliare visioni molto diverse.
La principale alleanza dei paesi in via di sviluppo chiede “almeno cinquecento miliardi di dollari all’anno fino al 2030”. Nel 2022 i paesi sviluppati hanno versato solo 116 miliardi di dollari.
I paesi dell’Unione europea sostengono di voler “continuare a fare da apripista” nella lotta alla crisi climatica, ma la loro libertà di manovra è limitata dai problemi di bilancio.
La delegazione statunitense ha espresso “profonda preoccupazione” per l’ultima bozza di accordo, chiedendo alla presidenza azera di fare di più, senza però rivelare quale cifra è disposta a stanziare.
Intanto, un gruppo di paesi produttori di petrolio, guidato dall’Arabia Saudita, ha fatto sapere che non firmerà alcun testo “che prenda di mira i combustibili fossili”.
Si tratta di un evidente passo indietro rispetto alla Cop28 di Dubai, che aveva menzionato esplicitamente la necessità di una transizione dai combustibili fossili.
La Cina, che potrebbe avere un ruolo chiave nei negoziati, ha invitato le parti “a incontrarsi a metà strada”.
Tuttavia, Pechino ha tracciato una linea rossa, escludendo di assumersi obblighi finanziari e ricordando che in base ai testi adottati dalle Nazioni Unite solo i paesi sviluppati sono chiamati a pagare.