Il 25 novembre si è aperto a Busan, in Corea del Sud, il quinto e ultimo ciclo di negoziati per un trattato contro l’inquinamento da plastica, ma ci sono forti divergenze tra i 178 paesi partecipanti.
“Questa conferenza è molto più di un appuntamento per mettere a punto un trattato internazionale”, ha affermato Luis Vayas Valdivieso, il diplomatico ecuadoriano che presiede i lavori. “È l’umanità che si mobilita di fronte a una minaccia esistenziale”.
Vayas Valdivieso ha ricordato ai delegati presenti che li attendono “63 ore di lavoro” per arrivare a un accordo su questioni spinose come la limitazione della produzione di plastica e la messa al bando delle sostanze chimiche tossiche.
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L’inquinamento da plastica è ormai onnipresente. Le microplastiche si trovano in tutti gli alimenti che consumiamo e praticamente in ogni parte del corpo umano, compresi il cervello e il latte materno, e perfino nelle nuvole.
Nel 2019 circa 460 milioni di tonnellate di plastica sono state prodotte nel mondo, una cifra che è raddoppiata dal 2000, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). In assenza di misure di contrasto, il dato potrebbe raddoppiare nuovamente entro il 2040.
Oltre il 90 per cento della plastica non è riciclato e più di venti milioni di tonnellate finiscono nell’ambiente ogni anno, spesso dopo pochi minuti di utilizzo.
Prodotta a partire dai combustibili fossili, la plastica è anche responsabile di circa il 3 per cento delle emissioni globali di gas serra.
Ma mentre tutti concordano sulla gravità del problema, le opinioni divergono radicalmente su come affrontarlo.
A Busan ci sono due schieramenti contrapposti.
Il primo è la cosiddetta “Coalizione dalle alte ambizioni” (Hac), che riunisce un gran numero di stati africani, europei e asiatici favorevoli a un trattato che copra l’intero ciclo di vita della plastica, dalla produzione ai rifiuti.
La Hac si batte per obiettivi vincolanti di riduzione della produzione e per imporre cambiamenti nella progettazione dei materiali per facilitare il riciclo.
Lo schieramento opposto, composto principalmente dai grandi produttori di petrolio come la Russia, l’Iran e l’Arabia Saudita, si batte invece per un trattato non vincolante che riguardi solo il riciclo e la gestione dei rifiuti, senza mettere in discussione la produzione.
A causa di queste divisioni, le prime quattro sessioni negoziali hanno prodotto una bozza di trattato di più di settanta pagine che tutti considerano astrusa e inattuabile.
Per uscire dalla situazione di stallo, Vayas Valdivieso ha elaborato una bozza alternativa di diciassette pagine, che sarà alla base dei negoziati.
Le posizioni assunte dagli Stati Uniti, uno dei principali produttori di petrolio, e dalla Cina, il primo produttore mondiale di plastica, saranno cruciali per il successo dei negoziati.
Ma la vittoria di Donald Trump nelle presidenziali statunitensi suscita forti dubbi tra i partecipanti. Alcuni delegati si chiedono che senso abbia cercare di convincere gli Stati Uniti a firmare un trattato che potrebbero non ratificare mai.